Artemisinina

Artemisinina

 

L’Artemisinina si usa nella terapia della malaria. È efficiente contro tutte le specie di plasmodio, però è specialmente utile in presenza di infezioni da parassiti resistenti alla clorochina o multiresistenti ai medicinali. Il medicinale dà anche risultati nella cura della toxoplasmosi, della leishmaniosi e di infezioni da certe specie di Babesia. Sembra anche che abbia delle potenzialità come agente antitumorale.

 

Che cos’è l’Artemisina?

Si tratta di un medicinale antimalarico che elimina il plasmodio nello stadio di schizonte, quello che proviene dalla forma del parassita trasmessa dalla zanzara anofele dall’uomo e che si nutre dell’emoglobina esistente nei globuli rossi.

 

Come si prende l’Artemisina?

L’Artemisinina si può assumere per bocca, per via rettale o mediante iniezioni intramuscolari.

 

Di solito si usa combinaa con altri antimalarici distinti da una maggiore azione a lungo termine.

 

Effetti collaterali dell’Artemisina

La terapia con Artemisinina ha pochi effetti collaterali riconosciuti. Tra i più tipici troviamo:

nausea

vomito

dolori addominali

diarrea

sudorazione

pizzicore

acufeni

 

È meglio avvertire immediatamente un dottore in presenza di:

rash

orticaria

prurito

problemi respiratori

sensazione di oppressione al petto

gonfiore di bocca, viso, labbra o lingua

 

Controindicazioni e avvertenze

Prima di prendere Artemisinina è fondamentale avvertire il dottore:

di allergie al principio attivo, ai suoi eccipienti o ad altri medicinali o cibi

dei farmaci, dei fitoterapici e degli integratori presi

delle patologie e dei problemi di salute di cui si soffre (o si ha sofferto)

in presenza di gravidanza o allattamento

È meglio avvertire dottori, chirurghi e dentisti della terapia con Artemisinina.

Arteriopatia periferica

Arteriopatia periferica

 

L’arteriopatia periferica è una patologia che colpisce il sistema circolatorio, caratterizzata dalla riduzione dell’afflusso di sangue (e quindi di ossigeno) alle arterie degli arti superiori e inferiori, causato dall’ostruzione e dal restringimento di queste ultime. Coinvolge soprattutto gli arti inferiori.

Che cos’è l’arteriopatia periferica?

L’arteriopatia periferica è una malattia che tende a svilupparsi con il passare dell’età: è stato stimato che a soffrirne sia un ultrasettantenne su tre.

Tuttavia, anche i più giovani potrebbero essere soggetti al rischio di sviluppare questa patologia in presenza di condizioni come il fumo di sigaretta, l’assenza di esercizio fisico e in presenza di patologie come il diabete.

È molto importante prestare attenzione al trattamento di questa malattia, sia per preservare l’eventuale perdita dell’arto colpito, sia per ridurre il rischio di sviluppare altre due condizioni a essa connesse, come infarto e ictus.

Da cosa è causata l’arteriopatia periferica?

All’origine dell’arteriopatia periferica c’è l’aterosclerosi, condizione patologica che colpisce le pareti interne delle arterie, caratterizzata dalla presenza di placche costituite da materiale lipidico (colesterolo, fosfolipidi, trigliceridi), proteico e fibroso che determinano il restringimento del lume del vaso arterioso.

Le probabilità di sviluppare l’arteriopatia periferica possono aumentare in presenza di fattori come

l’età: per le persone con più di 50 anni il rischio di sviluppare la malattia risulta maggiore

il genere sessuale: gli uomini sono più a rischio delle donne

il vizio del fumo

la presenza di diabete

la presenza di pressione alta

livelli di colesterolo e trigliceridi oltre la norma

livelli elevati di omocisteina (un aminoacido)

presenza di sovrappeso o obesità

Che sintomi presenta l’arteriopatia periferica?

Quando non si manifesta in forma grave, l’arteriopatia periferica può essere asintomatica o presentarsi con una sintomatologia lieve. Nei casi più gravi, invece, i sintomi possono essere severi.

Il sintomo più caratteristico dell’arteriopatia periferica è la claudicatio intermittens, ovvero un dolore muscolare avvertito nelle gambe o nelle braccia mentre si svolgono diverse attività come camminare; il male avvertito, tuttavia, scompare dopo pochi minuti di riposo.

È la posizione della arteria ostruita o ristretta che determina la localizzazione del dolore. Nel caso dell’arteriopatia periferica che colpisce le gambe, il dolore più comune risulta essere quello al livello del polpaccio. La gravità della claudicatio intermittens varia ampiamente: può essere rappresentata da un leggero fastidio così come da un dolore debilitante.

Altri sintomi sono:

intorpidimento e/o debolezza dell’arto colpito

cambiamento di colore dell’arto colpito

l’arto colpito risulta più freddo

la pelle dell’arto colpito risulta più lucida e potrebbero verificarsi ritardi nella crescita dei peli o delle unghie

nei casi più gravi sull’arto colpito si possono sviluppare delle piaghe

negli uomini può manifestarsi la disfunzione erettile

Come prevenire l’arteriopatia periferica?

Per prevenire l’arteriopatia periferica è consigliabile:

smettere di fumare

fare esercizio fisico, anche moderato (per esempio camminare almeno 30 minuti 3 volte alla settimana)

seguire un regime alimentare sano

gestire il diabete, mantenendo ottimali livelli di zucchero nel sangue

ridurre il colesterolo

tenere sotto controllo l’ipertensione

mantenere il peso forma, evitando condizioni come sovrappeso e obesità

Artrosi dell’anca

Artrosi dell’anca

 

Quando la cartilagine che ricopre l’articolazione coxo-femorale ( il punto in cui femore si articola con l’acetabolo, la cavità dell’anca destinata ad accogliere la testa del femore) si degenera, insorge l’artrosi dell’anca. Questo processo degenerativo può avere diverse cause e comporta dolore e difficoltà nei movimenti con conseguenze invalidanti.

 

Che cos’è l’artrosi dell’anca?

Per artrosi dell’anca si intende l’infiammazione della cartilagine che ricopre l’articolazione dell’anca, questa infiammazione è spesso dovuta al deterioramento cartilagineo. La cartilagine permette lo scorrimento delle ossa l’una contro l’altra e funge da cuscinetto, evitando gli attriti.

 

Quali sono le cause dell’artrosi dell’anca?

La più comune e frequente è l’artrosi in senso lato, che comprende sia le forme di probabile origine meccanica (conseguenti ad alterazioni strutturali congenite), sia le forme degenerative (coxartrosi idiopatica), sia le forme acquisite (necrosi ischemiche, traumi, osteoporosi, ecc.). Altre frequenti cause sono le artriti infiammatorie (artrite reumatoide, psoriasica, ecc.).

 

Quali sono i sintomi dell’artrosi dell’anca?

L’artrosi dell’anca si manifesta con dolore a livello dell’inguine che spesso raggiunge anche ginocchio e anca. Tale dolore deriva dalla mancata congruenza delle superfici articolari che degenera il tessuto della cartilagine. Il dolore cronico all’articolazione dell’anca può invalidare persone di ogni età, rendendo difficile e doloroso anche semplicemente camminare.

Grazie ai moderni trattamenti un paziente con artrosi dell’anca può aspirare ad una normale attività dell’articolazione senza dolore.

Prevenzione

Avere un peso nella norma, assumere posture corrette e non esercitare sovraccarico sull’articolazione sono strategie che riducono il rischio di artrosi dell’anca. Un’alimentazione ricca di vitamine, omega 3 e minerali e povera di alcol e di cibi di origine animale aiuta a mantenere in salute tutte le articolazioni.

 

Diagnosi

La diagnosi dell’artrosi dell’anca si effettua tramite:

-esame clinico

-esame radiografico

 

Trattamenti

I trattamenti chirurgici includono l’impianto di protesi all’articolazione dell’anca.

 

Artrosi dell’anca nel giovane

Artrosi dell’anca nel giovane

 

L’artrosi dell’anca è una patologia legata alla degenerazione della cartilagine  dell’articolazione coxo-femorale. Questa articolazione risiede nel punto in cui il femore si articola con l’acetabolo, la cavità dell’anca che accoglie la testa del femore. Questo processo degenerativo può avere diverse cause e comporta dolore e difficoltà nei movimenti con conseguenze invalidanti.

Fino a pochi anni fa l’artrosi dell’anca veniva considerata una patologia tipica della terza età, mentre negli ultimi anni l’avvento di nuove tecniche diagnostiche e la disponibilità di trattamenti innovativi hanno modificato la percezione di questa malattia e la possibilità che colpisca anche in età precoce.

Che cos’è l’artrosi dell’anca nel giovane?

L’articolazione dell’anca è ricoperta da una cartilagine, un tessuto soffice e liscio che consente alle ossa di scorrere l’una contro l’altra senza generare attriti, agendo come una sorta di cuscinetto. Quando questo tessuto si deteriora si può sviluppare un’infiammazione che prende il nome di artrosi dell’anca.

Quali sono le cause dell’artrosi dell’anca nel giovane?

L’artrosi dell’anca nel giovane è sempre stata ben documentata. Esistono diverse condizioni degenerative dell’articolazione coxofemorale che colpiscono i pazienti più giovani.

Le più frequenti sono:

-la displasia dell’anca nel bambino.

-la malattia di Perthes.

-l’impingement o conflitto femoro-acetabolare. I due componenti dell’articolazione sono incompatibili e urtano l’uno contro l’altro. Colpisce soprattutto giovani adulti di sesso maschile che praticano sport ( i movimenti ripetitivi accentuano il problema).

-l’osteonecrosi o necrosci ischemica, dovuta alla riduzione del flusso di sangue alla testa del femore.

-traumi, infezioni, tumori.

 

Quali sono i sintomi dell’artrosi dell’anca nel giovane?

Il sintomo principale dell’artrosi dell’anca è un dolore localizzato a livello dell’inguine che spesso si estende anche al ginocchio e all’anca. Nelle fasi iniziali del disturbo può comparire solo dopo un’attività fisica prolungata, ma con il progredire del danno all’articolazione si fa vivo anche dopo un’attività fisica leggera e, a volte, anche durante la notte.

 

Come prevenire l’artrosi dell’anca nel giovane?

Per ridurre al minimo il rischio di artrosi dell’anca è importante evitare il sovrappeso, l’assunzione di posture scorrette e il carico eccessivo e ripetuto sull’articolazione.  Un’alimentazione equilibrata, ricca di vitamine, omega 3 e minerali e povera di alcol e di cibi di origine animale è sempre consigliata poiché aiuta a mantenere in salute tutte le articolazioni.

 

Diagnosi

Nel caso in cui i sintomi riportati dal paziente portino a sospettare la presenza di un’artrosi all’anca il medico potrebbe decidere di confermare la diagnosi attraverso una radiografia.

In alcuni rari casi potrebbero essere prescritte analisi aggiuntive come:

-esami del sangue

-esami del fluido presente nelle articolazioni

-risonanza magnetica

 

Trattamenti

In genere non si procede subito in modo invasivo. Le prime fasi del trattamento dell’artrosi all’anca possono includere:

-l’assunzione di farmaci antinfiammatori

-la fisioterapia

-l’uso di stampelle quando bisogna camminare a lungo

Il trattamento chirurgico conservativo, possibile quando la degenerazione è modesta, mira a stabilizzare l’articolazione e a ridurre il sovraccarico sulla superficie.

L’artroscopia è una tecnica sempre più diffusa che permette sia una valutazione diagnostica dell’entità della patologia e sia la possibilità di intervenire, sul femore e/o sull’acetabolo, per risolvere chirurgicamente i conflitti che producono il dolore.

In alcuni rari e ben selezionati casi è preferibile optare per una correzione a cielo aperto del conflitto. Tale soluzione è certamente più invasiva dell’artroscopia, ma può rendersi necessaria in alcune situazioni.

La sostituzione con protesi totale d’anca rappresenta l’opzione limite nel caso di giovani pazienti, a cui si ricorre quando esistono controindicazioni alle procedure conservative o queste non abbiano avuto successo.

Artrosi della caviglia

Artrosi della caviglia

 

L’artrosi della caviglia è un processo degenerativo a carico della cartilagine articolare della caviglia. Questa patologia interessa in particolare le persone anziane. Con l’avanzare dell’età la cartilagine tende a degenerarsi. Nonostante queste considerazioni è possibile l’insorgere di artrosi della caviglia anche in seguito ad episodi traumatici (ad esempio una frattura)

Quali sono le cause dell’artrosi della caviglia?

L’artrosi alla caviglia può insorgere per il naturale invecchiamento della cartilagine o come conseguenza di un trauma (una frattura della caviglia) o di altre patologie, come per esempio quelle reumatiche.

Tra i fattori di rischio che possono agevolare l’insorgenza della patologia:

-il sovrappeso, che costringe l’articolazione della caviglia a uno sforzo aggiuntivo.

-il cattivo allineamento dell’articolazione, che causa un’eccessiva usura della cartilagine.

-la ripetizione di traumi o microtraumi dovuti – per esempio – all’attività sportiva o lavorativa, con conseguente usura della cartilagine.

Quali sono i sintomi dell’artrosi della caviglia?

Dolore, rigidità e tumefazione della caviglia sono i sintomi principali dell’artrosi. Il dolore, inizialmente presente durante il movimento, può poi colpire anche a riposo. In alcuni casi può essere avvertita una sensazione di instabilità articolare, come se la caviglia non fosse più in grado di sopportare il peso corporeo.

 

Come prevenire l’artrosi della caviglia?

Per limitare il rischio di insorgenza di artrosi alla caviglia è consigliabile:

-evitare traumi, come le fratture, che predispongono la caviglia a un processo artrosico.

-evitare sforzi aggiuntivi a carico dell’articolazione causati ad esempio da sovrappeso ed obesità.

Asimina

Asimina

 

Che cos’è l’asmina?

Si tratta del frutto dell’Asimina triloba, specie che appartiene alla famiglia delle Annonaceae. Nativa degli Stati Uniti Occidentali, questa pianta produce dei frutti dal sapore dolce che possono visivamente sembrare l’incrocio fra una banana e un mango, in quanto sono caratterizzati da una buccia giallo-verdastra e da una polpa arancione soffice e cremosa. Attualmente negli Stati Uniti ne sono note 27 varietà, che crescono tra il nord della Florida al sud dell’Ontario, fin nei territori del Nebraska orientale.

 

Quali sono le proprietà nutrizionali dell’asimina?

100 gr. di asimina apportano 80 calorie e:

1,2 g di proteine

1,2 g di lipidi (32% saturi, 40% monoinsaturi, 28% polinsaturi)

2,6 g di fibra

circa 675 g di acqua

18,8 g di carboidrati

Fra le vitamine e i minerali, 100 gr di asimina apportano:

63 mg di calcio

47 mg di fosforo

7 mg di ferro

2,6 mg di manganese

0,5 mg di rame

0,9 mg di zinco

18,3 mg di vitamina C

1,1 mg di niacina

0,09 mg di riboflavina

0,01 mg di tiamina

87 UI di vitamina A

345 mg di potassio

113 mg di magnesio

Le proteine dell’asimina apportano tutti gli aminoacidi che sono essenziali per l’organismo.

Inoltre questo frutto è fonte di acetogenina, una molecola dalla potenziale azione antitumorale.

 

Quando non mangiare l’asimina?

Non risultano interazioni scientificamente documentate tra il suo impiego e quello di farmaci o altre sostanze.

 

Stagionalità dell’asimina

E’ un frutto autunnale. Una volta raggiunta la piena maturazione, può essere conservata solo per alcuni giorni a temperatura ambiente, mentre in frigorifero può durare anche per una settimana. Se riposta al freddo prima della sua maturazione, può essere conservata anche per 3 settimane ed essere quindi portata a temperatura ambiente per consentire la sua maturazione prima del consumo.

 

Possibili benefici e controindicazioni dell’asimina

E’ utile per la salute soprattutto per la sua densità di nutrienti. La sua ricchezza in minerali, vitamine ed aminoacidi essenziali è paragonabile – o addirittura superiore – a quella delle banane, delle mele e delle arance. La sua acetogenina pare poter svolgere un’azione antitumorale basata sulla capacità di impedire la comunicazione tra le cellule del cancro, che condurrebbe alla loro morte.

Può scatenare allergie ed in taluni soggetti può essere causa di dermatiti allergiche.

 

Disclaimer

Le seguenti informazioni rappresentano indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il parere medico. Per garantirsi un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre bene affidarsi ai consigli del proprio medico curante o di un esperto di nutrizione.

Astigmatismo

Astigmatismo

 

L’astigmatismo, disfunzione oculare che può essere presente dalla nascita, può essere associato a miopia, ipermetropia e presbiopia, con differenti combinazioni tra i difetti e differenti livelli di gravità.

 

Che cos’è l’astigmatismo?

L’ astigmatismo è una disfunzione dell’occhio molto comune e solitamente facilmente curabile. Essa deriva dalla forma della cornea, membrana con curvatura ovale simile ad un pallone da rugby quindi non medesima sui diversi meridiani. Questa fa succede perché l’occhio ha differenti poteri di messa a fuoco lungo tutti i meridiani della cornea, provocando nei casi di minore entità un’inferiore nitidezza delle immagini. L’astigmatismo degrada la capacità visiva sia da lontano che da vicino e, rispetto alla presbiopia, non ha correlazione con l’età del paziente.

 

Quali sono le cause dell’astigmatismo?

La causa dell’astigmatismo può essere un’alterazione della curvatura della cornea che presenta un profilo ellissoidale, anziché una normale forma sferica. In questo caso i raggi di luce provenienti dal mondo esterno vengono proiettati in maniera non uguale nei vari punti della retina. L’occhio dell’astigmatico vede male sia da lontano che da vicino, gli oggetti possono apparire sfocati, sdoppiati.

 

Quali sono i sintomi dell’astigmatismo?

Come detto, dal momento che gli oggetti vengono proiettati sulla retina in modo disuguale alcune parti di essi sono a fuoco mentre altre sono fuori fuoco. Ad esempio nel vedere su un pannello la lettera “T” l’astigmatico può vedere la linea verticale a fuoco mentre la linea orizzontale fuori fuoco o viceversa. Il cristallino in alcuni casi può compensare in parte, mettendo a fuoco prima la linea verticale e poi quella orizzontale lasciando poi al cervello il compito di elaborare l’immagine. Nei casi più gravi, gli oggetti possono apparire distorti in diversi modi: per esempio un cerchio può essere percepito come una forma ovale. Lo sforzo visivo necessario per compensare questo difetto può essere causa di cefalea, affaticamento, bruciore e dolore che interessa i bulbi oculari e l’arcata ciliare, lacrimazione.

 

Diagnosi

Visita oculistica: di frequente chi è astigmatico se ne accorge solo dopo un’accurata valutazione medica. È importante sottoporsi periodicamente, sin da piccoli, a controlli preventivi di routine presso un oculista.

 

Gli esami utilizzati per diagnosticare il tipo di astigmatismo sono:

lettura dei caratteri della tabella ottotipica

Cheratometro o oftalmometro

Topografia corneale, per tracciare una mappatura punto per punto della curvatura della cornea

Tomografia corneale

Autorefrattometro

 

Test soggettivo della refrazione, che definisce esattamente, con la collaborazione del paziente, la corretta misura dell’astigmatismo

 

Trattamenti

Il trattamento dell’astigmatismo ha come obiettivo quello di compensare la curvatura irregolare che causa la visione offuscata. Si può ottenere con lenti correttive: occhiali o lenti a contatto. La diagnosi corretta e la prescrizione migliore dell’occhiale deriva sempre da un esame oculistico approfondito. Esami approssimativi aolitamente correggono in modo non sufficiente questo difetto. Esiste anche un’opzione chirurgica, in passato, infatti, questo difetto veniva corretto con chirurgia incisionale, come la cheratotomia radiale, metodo oramai obsoleto. Oggi si interviene con l’utilizzo del laser ad eccimeri.

Il laser ad eccimeri può correggere l’astigmatismo mediante la vaporizzazione a freddo del tessuto corneale in modo mirato. Questo può avvenire in superficie con diverse metodologie che si differenziano l’una dall’altra solo per la preparazione preliminare all’azione del laser: PRK, LASEK, epiLASIK, ASA. In alternativa può avvenire in profondità dopo avere tagliato e sollevato uno strato superficiale di cornea. L’applicazione eseguita dal laser ad eccimeri è identica per entrambi i due trattamenti.

Il fronte avanzato di questa metodologia chirurgica sono i trattamenti personalizzati, cioè un rimodellamento della cornea mediante laser ad eccimeri che tiene conto delle caratteristiche dell’individuo e che spesso consente una visione migliore rispetto ai trattamenti standardizzati.

La sezione di chirurgia refrattiva del Centro Oculistico dell’Istituto Clinico Humanitas è in possesso di un laser ad eccimeri di ultima generazione riconosciuto come uno degli strumenti chirurgici più all’ avanguardia presenti attualmente sull’intero mercato mondiale. Riesce ad intervenire con successo su astigmatismi molto più elevati rispetto a quelli che in passato era possibile trattare. Nel caso dell’astigmatismo, soprattutto se si tratta di un astigmatismo asimmetrico o irregolare, la chirurgia personalizzata offre un supporto fondamentale per ottenere un ottimo risultato dell’intervento . In questi casi la personalizzazione del trattamento è di fondamentale importanza per ottenere un risultato di qualità molto superiore alle aspettative della chirurgia standard.

 

Prevenzione

​Per prevenire l’astigmatismo è consigliato effettuare visite oculistiche sin dai 4 o 5 anni di età, ma, in caso di familiarità con malattie oculari, anche prima.

 

Atazanavir

Atazanavir

 

L’atazanavir si usa nella cura delle infezioni da HIV.

 

Che cos’è l’atazanivir?

L’atazanivir è fatto da una miscela di un inibitore della proteasi dell’HIV – che opera arrestando lo sviluppo del virus – e un inibitore del metabolismo del medicinale – che incrementa l’azione dei medicinali per l’HIV.

 

Come si prende l’atazanivir?

L’atazanavir si prende per bocca. Va preso in combinazione con altri medicinali.

 

Effetti collaterali dell’ atazanivir

L’atazanavir può alterare la distribuzione del grasso corporeo, diminuire l’efficacia dei contraccettivi ormonali e provocare serie reazioni cutanee o gravi disturbi epatici. Può anche incrementare la funzionalità del sistema immunitario, far crescere gli zuccheri nel sangue e intensificare le emorragie in chi soffre di emofilia.

 

Tra gli altri suoi eventuali effetti collaterali troviamo anche:

diarrea

nausea

 

È fondamentale avvertire immediatamente un dottore in presenza di:

gonfiori a viso, gola, lingua o labbra, mani, caviglie o piedi

rash

prurito

orticaria

sensazione di oppressione al petto

sangue nelle urine

capogiri

svenimenti

febbre

battito cardiaco irregolare

senso di avere la testa leggera

dolori muscolari o articolari

minzione dolorosa

nausea o vomito forti o continui

male alla schiena o allo stomaco

disturbi renali

ittero

 

Controindicazioni e avvertenze

L’atazanavir può non essere indicato in presenza di problemi renali (nello specifico se già collegati all’assunzione di tenofovir o la dialisi) e di assunzione di alfusozina, apibaxan, avanafil, boceprevir, cisapride, dronedarone, efavirenz, derivati dell’ergot, etravirina, altri inibitori della proteasi dell’HIV, irinotecano, lovastatina, lurasidone, nevirapina, midazolam (per bocca), paclitaxel, pimozide, ranolazina, repaglinide, rifampicina, rivaroxaban, salmeterolo, simprevir, simvastatina, iperico, telaprevir, triazolam, sildenafil, tenofovir collegato all’assunzione recente di un medicinale che può ledere i reni o colchicina (in caso di disturbi renali o epatici).

Prima di prenderlo è sempre meglio avvertire il dottore:

di allergie al principio attivo, ad altri medicinali, ad altre sostanze o a cibi

dei farmaci, dei fitoterapici e degli integratori presi, nello specifico tenofovir, alfusozina, apibaxan, avanafil, boceprevir, cisapride, dronedarone, efavirenz, derivati dell’ergot, etravirina, altri inibitori della proteasi dell’HIV, irinotecano, lovastatina, lurasidone, nevirapina, midazolam (per bocca), paclitaxel, pimozide, ranolazina, repaglinide, rifampicina, rivaroxaban, salmeterolo, simprevir, simvastatina, iperico, telaprevir, triazolam, sildenafil e colchicina

se si prendono H2 antagonisti o PPI

se si soffre (o si ha sofferto) di disturbi renali, emofilia, diabete o iperglicemia, disturbi cardiaci, calcoli a reni o cistifellea o epatite B o C

se si è in dialisi

in presenza di gravidanza o allattamento

 

È fondamentale avvertire dottori, chirurghi e dentisti che si sta prendendo atazanavir.

 

Aterosclerosi

Aterosclerosi

 

L’aterosclerosi (più comunemente conosciuta nel mondo laico come arteriosclerosi) è una condizione patologica rappresentata da alterazioni della parete delle arterie, che perdono la propria elasticità a causa dell’accumulo di calcio, colesterolo, cellule infiammatorie e materiale fibrotico.

Che cos’è l’aterosclerosi?

L’irrigidimento delle arterie è un fenomeno correlato all’accumulo di componenti patologiche nel contesto delle pareti vascolari. Tale patologia si presenta in varie forme tra cui una delle più diffuse è l’aterosclerosi, caratterizzata dalla formazione di placche parietali in cui sono contenuti materiale amorfo, colesterolo, cellule muscolari lisce, cellule infiammatorie e cellule provenienti dal sangue. Se la placca protrude nel lume vasale può arrivare a ostacolare il flusso ematico al suo interno. Un’eventuale rottura della placca stessa, generalmente coperta da un rivestimento costituito da un sottile cappuccio fibroso e da cellule endoteliali, può comportare trombosi e obliterazione completa del lume del vaso, con conseguente interruzione del flusso ematico. Una volta instauratasi, l’aterosclerosi si presenta come un processo irreversibile e in potenziale, continua espansione: la formazione delle placche e il rallentamento del peggioramento dell’aterosclerosi in corso si possono prevenire attraverso uno stile di vita adeguato e trattamenti mirati al controllo di diabete e ipertensione, oltre che alla riduzione del colesterolo.

Da cosa può essere causata l’aterosclerosi?

L’aterosclerosi è solitamente correlata all’invecchiamento. Tuttavia, la sua comparsa può avvenire anche in età giovanile a causa di livelli elevati di colesterolo nel sangue, ipertensione arteriosa, fumo di sigaretta, diabete mellito e familiarità. Anche un’alimentazione ricca di grassi, il consumo eccessivo di alcolici, un’attività fisica insufficiente e il sovrappeso possono contribuire.

Con quali sintomi si manifesta l’aterosclerosi?

In genere l’aterosclerosi di per sé non provoca sintomi fino a che non compromette il flusso del sangue all’interno delle arterie. Il restringimento delle arterie e la loro occlusione, determinata dalla formazione di un trombo, provocano ischemia e infarto nel territorio a valle delle stesse. I sintomi dell’ischemia e dell’infarto varieranno a seconda della localizzazione dell’aterosclerosi: se nel territorio coronarico si avrà angina, infarto miocardico, in quello cerebrale si avrà ictus o TIA, in quello intestinale, renale o periferico si avrà arteriopatia obliterante arti inferiori.

Come prevenire l’aterosclerosi?

Per prevenire l’aterosclerosi è importante condurre uno stile di vita salutare caratterizzato da un’alimentazione sana, equilibrata e povera di grassi di origine animale e un’attività fisica adeguata. È inoltre necessario evitare il fumo e limitare il consumo di alcolici.

Diagnosi

L’aterosclerosi non è correlata necessariamente a segni obiettivi rilevabili alla visita medica. In caso di restringimento di un grosso vaso arterioso (es. carotide) si può verificare turbolenza del flusso di sangue al suo interno, determinando un soffio, che può essere percepito dal medico con lo stetoscopio. In seguito, però, sarà necessario effettuare altre indagini quali:

eco-doppler

angiografia

angio RM

angio TC

Trattamento

In caso di irrigidimento delle arterie è fondamentale correggere tutti i fattori di rischio cardiovascolare, agendo anche attraverso le modificazioni dello stile di vita. In particolare è necessario:

evitare i cibi ricchi di grassi, soprattutto se di origine animale;

limitare il consumo di alcolici;

praticare regolarmente attività fisica. Per gli individui normopeso sono sufficienti 30–45 minuti almeno 3 volte la settimana, mentre per gli individui in sovrappeso sono necessari livelli superiori;

Nel caso in cui l’azione sullo stile di vita non risulti sufficiente il medico può prescrivere l’assunzione di farmaci:

per far abbassare i livelli di colesterolo (in particolare le statine)

per rallentare la progressione dell’aterosclerosi (ACE-inibitori, alcune statine)

per ridurre la pressione arteriosa (ACE-inibitori, betabloccanti, calcio-antagonisti e diuretici)

per controllare malattie specifiche come il diabete o per alleviare disturbi invalidanti, come il dolore alle gambe (tipico della claudicatio intermittens)

per diminuire il rischio di formazione di coaguli di sangue (trombi) intravascolari (gli antiaggreganti piastrinici)

In caso di aterosclerosi grave con ipoperfusione o infarto di organi importanti può essere necessario ricorrere a interventi di:

angioplastica con stent

endoarteriectomia

bypass

Nel caso in cui un’arteria venga bloccata da un coagulo di sangue (trombo) e non sia passibile di disostruzione meccanica, si possono utilizzare farmaci per scioglierlo (trombolisi) che vengono somministrati per via endovenosa.

Atovaquone

Atovaquone

 

L’Atovaquone si usa per prevenire e curare la polmonite provocata dal protozoo Pneumocystis carinii nelle persone che non possono prendere trimetoprim/sulfametossazolo.

 

Che cos’è l’Atovaquone?

L’Atovaquone si usa contro le infezioni da protozoi, però il suo meccanismo d’azione non è stato ancora completamente chiarito. Si ritiene che possa disturbare il metabolismo del parassita o che possa arrestarne o quantomeno frenarne lo sviluppo, collaborando così a sconfiggerlo.

 

Come si prende l’Atovaquone?

Di solito l’Atovaquone si prende per bocca in forma di sospensione.

 

Effetti collaterali dell’Atovaquone

Tra gli eventuali effetti collaterali dell’atovaquone si trovano anche:

diarrea

insonnia

capogiri

dolore alla testa

incremento della tosse

incremento della sudorazione

indigestione

calo dell’appetito

dolori muscolari

nausea

naso chiuso o che cola

dolore allo stomaco

vomito

debolezza

 

È sempre meglio avvertire immediatamente un dottore in presenza di:

rash

orticaria

prurito

problemi respiratori

sensazione di oppressione al petto

gonfiore di bocca, viso, labbra o lingua

ansia

depressione

mutamenti nella quantità di urine prodotte

urine scure

febbre

sintomi simil influenzali

feci pallide

cute che si desquama, arrossata, gonfia o con vesciche

dolore allo stomaco forte o continuo

fiato corto

lividi o emorragie

macchie bianche in bocca

ittero

 

Controindicazioni e avvertenze

L’Atovaquone può alterare le capacità di guidare e di manovrare macchinari pericolosi, principalmente se preso in combinazione con alcolici o con altri farmaci.

Prima di cominciare la cura è fondamentale avvertire il dottore:

di allergie al principio attivo, ai suoi eccipienti o ad altri medicinali o cibi

dei farmaci, dei fitoterapici e degli integratori presi, menzionando nello specifico rifamicine, tetracicline e indinavir

se si soffre (o si ha sofferto) di disturbi gastrointestinali o epatici

in presenza di gravidanza o allattamento

Azatioprina

Azatioprina

 

L’azatioprina si usa per prevenire il rigetto di un trapianto di reni. Inoltre può venire usato nella cura dei sintomi dell’artrite reumatoide.

 

Che cos’è l’azatioprina?

L’azatioprina fa parte della classe dei cosiddetti antimetaboliti. Opera ostacolando l’azione di certe cellule del sistema immunitario.

 

Come si prende l’azatioprina?

L’azatioprina si può assumere per bocca o tramite infusione in vena. Può dover essere presa combinata con altri medicinali.

 

Effetti collaterali dell’azatioprina

L’azatioprina può far diminuire la capacità dell’organismo di ostacolare le infezioni, ridurre la quantità di piastrine nel sangue o provocare altri problemi del sangue. Inoltre può accrescere il pericolo di leucoenefalopatia multifocale progressiva e, se presa per molto tempo, di tumori.

Tra gli altri suoi eventuali effetti collaterali troviamo anche nausea e vomito leggeri.

 

È fondamentale avvertire immediatamente un dottore in presenza di:

rash grave

orticaria

prurito

problemi respiratori

sensazione di oppressione o male al petto

gonfiore di bocca, viso, labbra o lingua

nausea, diarrea o vomito gravi o continui

capogiri

feci grasse

febbre, brividi o dolore alla gola continuo

minzione dolorosa o più copiosa del normale

dolori muscolari o articolari

vesciche o bozzi rossi e dolorosi su braccia, viso, collo o schiena

fiato corto

dolore allo stomaco

sintomi di disturbi epatici

lividi o emorragie

escrescenze inusuali

debolezza o stanchezza inusuali

cute calda, arrossata, gonfia o dolente

mutamenti nell’aspetto o nella dimensione di un neo

 

Controindicazioni e avvertenze

L’azatioprina può non essere indicata durante la gravidanza e in presenza di assunzione di agenti alchilanti, di febuxostat o di mercaptopurina.

Prima di prenderla è fondamentale avvertire il dottore:

di probabili allergie al principio attivo, ai suoi eccipienti, a ogni altro medicinale, a cibi o ad altre sostanze

dei farmaci, dei fitoterapici e degli integratori presi, menzionando nello specifico DMARD, agenti alchilanti, bloccanti del TNF, mercaptopurina, allopurinolo, aminosalicilati, ACE inibitori, doxorubicina, febuxostat, ribavirina, trimetoprim/sulfametoxazolo e anticoagulanti

se si soffre (o si ha sofferto) di disturbi renali, epatici o gastrointestinali, infezioni, tumori, disturbi al midollo osseo, anemia, bassi livelli di globuli bianchi o piastrine, emorragie o creazione di lividi insoliti e mancanze enzimatiche

in presenza di recenti trasfusioni di sangue

in presenza di vaccinazione recente o programmata

in presenza di gravidanza o allattamento

 

È fondamentale avvertire dottori, chirurghi e dentisti dell’assunzione di azatioprina. È meglio informarsi sull’utilizzo di metodi contraccettivi durante la cura.

Azzeruole

Azzeruole

 

Che cosa sono le azzeruole?

Sono i frutti del Crataegus azarolus, specie che appartiene alla famiglia delle Rosaceae, diffusa tra il sud dell’Europa e le regioni occidentali dell’Asia. Secondo la maggior parte degli esperti di botanica la sua origine può essere collocata in Asia Minore o a Creta; questa pianta è oggi diffusa anche in Italia, in particolare in Lombardia, Liguria, Piemonte, Emilia-Romagna e Sicilia. Il suo frutto – dal sapore acidulo simile a quello delle nespole – può essere ingerito crudo, utilizzato per preparare dolci, conserve o gelatine, oppure messo sotto spirito. Se coltivato in zone dal clima temperato, sviluppa una polpa fragrante e zuccherina.

 

Quali sono le proprietà nutrizionali delle azzeruole?

Le azzeruole sono fonti di:

fibre

minerali (soprattutto fosforo e ferro)

vitamine (soprattutto vitamina A e vitamina C)

tannini

glucosio

fruttosio

acidi organici (acido malico e acido citrico)

 

Quando non mangiare delle azzeruole?

Non risultano esservi interazioni tra il loro consumo alimentare e l’assunzione di medicinali o altre sostanze. Piante strettamente imparentate con il Crataegus azarolus sono però state associate a potenziali effetti collaterali e possono interagire con l’azione di farmaci betabloccanti e calcio antagonisti, con gli inibitori della fosfodiesterasi, con i nitrati, con la digossina e con la fenilefrina; per questo motivo, in caso di dubbi, è sempre consigliabile rivolgersi al proprio medico.

 

Periodo reperibilità/stagionalità

Fiorisce tra aprile e maggio, mentre la maturazione dei frutti si conclude a settembre. In Italia sono tre le varietà di maggior interesse commerciale: l’azzeruolo rosso d’Italia, l’azzeruolo bianco d’Italia e l’azzeruolo giallo del Canada.

 

Possibili benefici e controindicazioni delle azzeruole

Quelle fresche sono note per le loro proprietà dissetanti e rinfrescanti. Pare inoltre che possano esercitare effetti ipotensivi, diuretici e antianemiche, che contribuiscano a proteggere la salute degli occhi e che offrano un aiuto rivitalizzante alla pelle. I loro tannini sono inoltre dotati di proprietà astringenti.

Ai frutti di numerose specie del genere Crataegus sono state associate anche proprietà cardiotoniche.

 

Disclaimer

Le seguenti informazioni rappresentano indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il parere medico. Per garantirsi un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre bene affidarsi ai consigli del proprio medico curante o di un esperto di nutrizione.

Babaco

Babaco

 

Che cos’è il babaco?

Si tratta del frutto della Carica pentagona Helb., specie che appartiene alla famiglia delle Caricaceae, la stessa cui appartiene anche la più rinomata papaya. Originaria dell’America del Sud, tale pianta è probabilmente il risultato dell’incrocio spontaneo fra Carica pubescens e Carica Stipulata. Oggi è coltivata anche in Israele, negli Stati Uniti, in Australia, in Nuova Zelanda e anche in Italia.

Sia la sua polpa che la sua buccia sono commestibili. Il frutto può essere consumato anche acerbo; una volta maturo la sua polpa e il suo sapore possono rammentare quelli dell’ananas.

 

Quali sono le proprietà nutrizionali del babaco?

100 gr. di babaco apportano 21 calorie sotto forma di:

grassi (8,6%)

carboidrati (78,1%)

proteine (13,3%)

 

In particolare, 100 gr di babaco apportano:

1,1 g di fibre, di cui:

0,38 g di fibra solubile

0,70 g di fibra insolubile

28 mg di vitamina C

1,20 mg di niacina

0,20 mg di tiamina

0,05 mg di riboflavina

169 mg di potassio

13 mg di calcio

7 mg di fosforo

1 mg di sodio

0,30 mg di ferro

27 µg di vitamina A (retinolo equivalente)

92,5 g di acqua

4,5 g di carboidrati

0,7 g di proteine

0,2 g di lipidi

 

Quando non mangiare il babaco?

Non risultano esservi interazioni tra il consumo di babaco e l’assunzione di medicinali.

 

Periodo reperibilità/stagionalità

E’ pronto per il consumo tra la primavera e l’estate.

 

Possibili benefici e controindicazioni

Il suo tipico elevato contenuto in vitamina C (possono bastarne anche solo 2 fette per soddisfare il fabbisogno giornaliero di questo micronutriente) conferisce a tale frutto proprietà antiossidanti. La stessa vitamina C può inoltre supportare il buon funzionamento dell’intero sistema immunitario; fra le altre proprietà associabili a questo micronutriente è inoltre inclusa la promozione della sintesi di collagene. Il babaco rappresenta inoltre una buona fonte di minerali, fra cui potassio (che è utile per la salute cardiovascolare e per contrastare la ritenzione idrica). Tale frutto, infine, è noto per le sue proprietà antinfettive, digestive e rinfrescanti (soprattutto se consumato sotto forma di frullato o sorbetto).

 

Disclaimer

Le seguenti informazioni rappresentano indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il parere medico. Per garantirsi un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre bene affidarsi ai consigli del proprio medico curante o di un esperto di nutrizione.

 

Barbabietola rossa

Barbabietola rossa

 

Che cos’è la barbabietola rossa?

La Beta vulgaris var. rapa forma rubra – da non confondere con quella bianca utilizzata per la produzione dello zucchero – è un ortaggio che appartiene alla famiglia delle Chenopodiaceae. Dal sapore leggero e dolciastro, si presta ad essere inserita all’interno di molte ricette ed è un’ottima base per i centrifugati.

 

Quali sono le proprietà nutrizionali?

100 gr. di barbabietola rossa cruda apportano circa 19 calorie, ripartite come segue:

77% carboidrati

23% proteine

In particolare, 100 gr. di barbabietole contengono:

84 mg di sodio

300 mg di potassio

0,04 mg di ferro

20 mg di calcio

21 mg di fosforo

0,03 mg di tiamina (vitamina B1)

0,02 mg di riboflavina (vitamina B2)

0,2 mg di niacina (vitamina B3 o vitamina PP)

7 mg di vitamina C

91,3 g di acqua

1,1 g di proteine

tracce di lipidi

0 mg colesterolo

4 g di carboidrati

4 g di zuccheri solubili

2,6 g di fibra totale

 

Al suo interno si trovano inoltre altre sostanze molto benefiche per l’organismo umano, come antociani e flavonoidi.

 

Quando non mangiare la barbabietola rossa?

Finora non sono state accertate interazioni tra il consumo di barbabietola rossa e l’assunzione di farmaci o altre sostanze.

 

Stagionalità della barbabietola rossa

Si raccolgono tra agosto e febbraio.

 

Possibili benefici e controindicazioni

Atteso il loro buon contenuto in sali minerali e vitamine, risultano essere rimineralizzanti e ricostituenti nonchè particolarmente benefiche (soprattutto negli stati influenzali). Le fibre e l’elevato quantitativo di acqua le rendono anche depurative e digestive. Poiché alcuni composti chimici presenti nell’ortaggio sembrano essere in grado di rivitalizzare i globuli rossi, il loro impiego è particolarmente raccomandato ai soggetti anemici. È consigliabile consumarle crude, appena stufate o gratinate. Sono invece da evitare prolungate cotture.

Attesa la presenza di elevate quantità di sali minerali e di ossalati, ne è sconsigliato l’impiego a chi soffre di calcolosi renale. Infine, poiché stimolano la produzione di succhi gastrici, il loro consumo non è consigliato a soggetti che soffrono di acidità di stomaco.

 

Disclaimer

Le informazioni riportate rappresentano indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il parere medico. Per garantirsi un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre bene affidarsi ai consigli del proprio medico curante o di un esperto di nutrizione.

Barracuda

Barracuda

 

Che cos’è il barracuda?

Dal nome scientifico Sphyraena sphyraena, è un pesce appartenente alla famiglia Sphyraenidae. Noto anche come “luccio di mare”, è presente nel Mar Mediterraneo, nel Mar Nero e nell’Oceano Atlantico (in particolar modo nelle sue zone orientali). Ama i fondali sabbiosi e vive preferibilmente sotto costa. Esiste anche un’altra specie di barracuda – la Sphyraena viridensis (o barracuda bocca gialla), molto simile alla Sphyraena sphyraena – originaria dei mari tropicali ma oramai ben adattata anche all’interno del Mar Mediterraneo.

E’ un grande predatore: si ciba di altri pesci, crostacei e calamari. Raramente può attaccare l’uomo, ma solo per sbaglio: sembra difatti che sia attratto da eventuali oggetti metallici scintillanti scambiati per pesce azzurro. Sulle nostre tavole viene di solito servito bollito o in umido.

 

Quali sono le proprietà nutrizionali?

100 g di barracuda apportano circa 81 calorie e:

 

0 g di carboidrati

6,12 g di lipidi

79 g di acqua

18,9 g di proteine

 

Quando non mangiare il barracuda?

Non risultano esservi accertate interazioni fra il consumo di barracuda e l’assunzione di medicinali o altre sostanze. Nel dubbio è opportuno chiedere consiglio al proprio medico.

 

Stagionalità del barracuda

Viene pescato tutto l’anno ma le sue catture si fanno più intense durante i mesi estivi.

 

Possibili benefici e controindicazioni del barracuda

In Italia viene venduto fresco, affumicato o sott’olio. Le sue carni – tenere e saporite – sono fonti di proteine di qualità elevata. Il suo contenuto in grassi è invece moderato.

Alcune tipologie di barracuda – in particolare il grande barracuda che vive nelle acque dell’Oceano Atlantico – sono state associate alla ciguatera (un’intossicazione alimentare causata dalla ciguatossina). In caso di assunzione, tale tossina può scatenare perdita o calo delle energie, contrazioni muscolari involontarie, perdita delle capacità di coordinare i muscoli, appannamento della vista, sfoghi cutanei, convulsioni, parestesie, pruriti e difficoltà di deglutizione. È possibile altrtesì che la ciguatera alteri la percezione del caldo e del freddo: un disturbo che può protrarsi anche per alcuni mesi.

 

Disclaimer

Le informazioni riportate rappresentano indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il parere medico. Per garantirsi un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre bene affidarsi ai consigli del proprio medico curante o di un esperto di nutrizione.

Benserazide

Benserazide

 

La benserazide si prende combinata con la levodopa per poterne minimizzare le dosi e per ostacolare certi degli effetti collaterali dell’assunzione di questo medicinale.

 

Che cos’è la benserazide

La benserazide blocca la conversione della levodopa – medicinale usato nella cura del Parkinson – in dopamina prima che giunga a livello del cervello. In questa maniera consente al medicinale di superare la’ostacolo ematoencefalico, operazione impossibile per la dopamina. Non solo, la benserazide minimizza anche gli effetti collaterali collegati ad un possibile accumulo di dopamina al di fuori del cervello, come la vasocostrizione, nausea e aritmie.

 

Come si prende la benserazide?

La benserazide si prende per bocca.

 

Effetti collaterali della benserazide

Prendere la benserazide può disturbare i risultati di certe analisi di laboratorio.

Tra gli altri suoi eventuali effetti collaterali troviamo anche:

nausea

vomito

crescita della fosfatasi alcalina

crescita delle transaminasi epatiche

 

È fondamentale avvertire immediatamente un dottore in presenza di:

rash

orticaria

prurito

problemi respiratori

sensazione di oppressione al petto

gonfiore di bocca, viso, labbra o lingua

ipotensione posturale

problemi psichiatrici

discinesia

aritmie

corea

nausea grave

vomito grave

 

Controindicazioni e avvertenze

La benserazide non è indicata in presenza di psicosi e glaucoma ad angolo stretto.

Prima di assumerla è fondamentale avvertire sempre il dottore:

di possibili allergie al principio attivo, ai suoi eccipienti, a ogni altro medicinale, a cibi o ad altre sostanze

dei farmaci, dei fitoterapici e degli integratori che si prendono

se si soffre (o si ha sofferto) di psicosi o glaucoma

in presenza di gravidanza o allattamento

Bergamotto

Bergamotto

 

Che cos’è il bergamotto?

E’ il frutto del Citurs bergamia, specie che appartiene alla famiglia delle Rutaceae dall’origine ancora incerta. Il bergamotto è coltivato in Calabria e se ne conoscono tre varietà principali: il fantastico, il femminello ed il castagnaro.

 

Quali sono le proprietà nutrizionali?

Il bergamotto è composto per l’80% circa di acqua. Un frutto medio apporta circa 42 Calorie e:

10,7 g di carboidrati, di cui:

1,4 g di fibre

8,48 g di zuccheri

0,65 g di proteine

0,25 g di grassi, di cui:

0,031 g saturi

0,052 g polinsaturi

0,048 g monoinsaturi

vitamina C (36% del fabbisogno giornaliero in una dieta da 2000 calorie)

vitamina A (11% del fabbisogno giornaliero in una dieta da 2000 calorie)

133 mg di potassio

2 mg di sodio

calcio (3% del fabbisogno giornaliero in una dieta da 2000 calorie)

ferro (1% del fabbisogno giornaliero in una dieta da 2000 calorie)

Il bergamotto è inoltre fonte di magnesio, acido citrico e flavonoidi.

 

Quando non mangiare il bergamotto?

Può interagire con farmaci che aumentano la sensibilità della pelle alla luce solare, soprattutto se utilizzato sotto forma di olio da applicare sulla cute.

 

Periodo reperibilità/stagionalità del bergamotto

La sua stagione inizia ad ottobre e termina a marzo.

 

Possibili benefici e controindicazioni del bergamotto

Recenti studi scientifici hanno associato a tale frutto la potenziale capacità di ridurre i livelli di colesterolo LDL (quello comunemente definito “cattivo”); la sua efficacia parrebbe essere addirittura paragonabile a quella delle statine, farmaci di elezione per il controllo del rischio cardiovascolare. In effetti fra i benefici attribuibili al bergamotto viene citato il supporto nella lotta contro il colesterolo, ma sembrerebbe anche che tale agrume sia utile anche per controllare i trigliceridi e – più in generale – per proteggere la salute del cuore.

In molti casi, però, i benefici cui si fa riferimento non derivano tanto dal consumo alimentare del frutto, bensì dall’uso dell’olio essenziale ricavato dalla sua buccia, le cui applicazioni spaziano principalmente nei campi dell’aromaterapia e della cosmetica.

 

Disclaimer

Le seguenti informazioni rappresentano indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il parere medico. Per garantirsi un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre bene affidarsi ai consigli del proprio medico curante o di un esperto di nutrizione.

Beta-ecdisterone

Beta-ecdisterone

 

Che cos’è il beta-ecdisterone?

Si tratta di un ormone generato dagli invertebrati, in cui monitora processi tipo differenziamento cellulare, crescita e sviluppo. Inoltre viene prodotto anche da certi animali acquatici e piante e si può sintetizzare in laboratorio a cominciare dal colesterolo.

 

A cosa serve il beta-ecdisterone?

Il beta-ecdisterone si usa per accrescere i livelli di testosterone, un ormone collegato alla crescita della forza e della massa muscolare. Anche il beta-ecdisterone collaborerebbe all’aumento della massa muscolare; prenderlo potrebbe favorire la sintesi delle proteine e del glicogeno (la riserva di zuccheri dell’organismo), l’attività del fegato, un giusto metabolismo dei lipidi, la produzione di tessuto osseo e la calcificazione delle ossa, e bilancerebbe positivamente il funzionamento del sistema immunitario.

 

Ad oggi molti integratori a base di beta-ecdisterone vengono consigliati per facilitare la crescita della massa muscolare e ottimizzare le prestazioni atletiche. Nello specifico, l’ecdisterone collaborerebbe ad accrescere la resistenza, pungolare il metabolismo, affinare il funzionamento dei nervi, facilitare la produzione di globuli rossi, diminuire la glicemia, minimizzare il tessuto adiposo, perfezionare la salute di molti organi e prevenire la perdita di massa muscolare.

Non esistono però prove definitive della loro efficacia e non risulta che l’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) abbia promosso claim che ne giustifichino la potenziale efficacia quando vengono presi agli scopi proposti.

 

Avvertenze ed eventuali controindicazioni

L’assunzione di integratori di beta-ecdisterone non pare essere collegata al pericolo di specifici effetti collaterali. Nello specifico, l’ecdisterone non condurrebbe alla crescita di caratteristiche tipicamente maschili, non sarebbe tossico per il fegato, non avrebbe effetti collaterali sui testicoli e non verrebbe tramutato in composti estrogenici.

Prima di prendere prodotti di questo tipo è però sempre meglio consigliarsi con il proprio dottore per non incorrere in possibili controindicazioni. Inoltre è bene rammentare che non ci sono abbastanza prove per provarne la sicurezza durante gravidanza e allattamento.

 

Disclaimer

Le informazioni riportate sono solo indicazioni generali e non soppiantano in nessuna maniera l’opinione medica. Per assicurarsi un’alimentazione sana e bilanciata è sempre meglio fare affidamento sui consigli del proprio medico curante o di un esperto nutrizionista.

Bevacizumab

Bevacizumab

 

Il bevacizumab si usa nella cura di numerose forme tumorali.

 

Che cos’è il bevacizumab?

Si tratta di un anticorpo monoclonale. Opera ostacolando la creazione e lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni nelle masse tumorali fermando l’attività del fattore di sviluppo delle cellule endoteliali vascolari (VEGF). In questa maniera collabora a frenare crescita e propagazione dei tumori.

 

Come si prende il bevacizumab?

Il bevacizumab si assume tramite infusioni in vena. Si usa in combinazione con altri medicinali.

 

Effetti collaterali del bevacizumab

Il bevacizumab può minimizzare la capacità dell’organismo di ostacolare le infezioni, la quantità di piastrine nel sangue e influire sulla glicemia. Inoltre può essere ragione di infertilità femminile, accrescere il pericolo di trombi e venire collegato a sindrome da encefalopatia posteriore reversibile o a fistola a livello cardiaco.

 

Tra gli altri suoi eventuali effetti collaterali troviamo anche:

dolore alla schiena

alterazioni del gusto

costipazione

diarrea

capogiri

secchezza della bocca

cute secca

dolore alla testa

incremento della sete

indigestione

perdita dell’appetito

leggera epistassi

dolori muscolari

nausea

dolore, gonfiore o arrossamenti sulla zona di iniezione

naso chiuso o che cola

stanchezza

cambiamenti della voce

debolezza

vomito

perdita di peso

 

È fondamentale recarsi immediatamente da un dottore in presenza di:

gonfiori a viso, gola, lingua o labbra, mani caviglie o piedi

rash

prurito

orticaria

sensazione di oppressione o male al petto

bruciori, intorpidimenti o pizzicori

minzione diminuita

svenimenti

male, gonfiore o piaghe a bocca o lingua

debolezza da una sola parte del corpo

cute arrossata, gonfia, con vesciche o che si desquama

convulsioni

dolore alla testa o capogiri intensi o continui

epistassi copiosa o continua

dolore allo stomaco, costipazione, nausea o vomito intensi o continui

intensa o continua debolezza

fiato corto

ulcere cutanee

gonfiore o male alla mascella

emorragie

infezioni

sudorazione copiosa e inusuale

crescita o perdita di peso immotivato

disturbi alla vista

respiro sibilante

ferite che non si rimarginano

 

Controindicazioni e avvertenze

Il bevacizumab può non essere indicato in presenza di emorragie e di tumori all’ovaio esteso anche a livello intestinale o collegato a un blocco intestinale.

Prima della cura è meglio avvertire il dottore:

di allergie al principio attivo, ad altri medicinali, ad altre sostanze o a cibi

dei farmaci, dei fitoterapici e degli integratori presi, nello specifico sunitinib e anticoagulanti

se si soffre (o si ha sofferto) di mali al petto, pressione elevata, disturbi cardiovascolari, emorragie, trombi, sangue nell’espettorato, diabete, disturbi al sistema nervoso, gastrointestinali o renali, sodio basso nel sangue, ferite che non guariscono o quantità alte di proteine nelle urine

in presenza di intervento chirurgico programmato o fatto nei 28 giorni precedenti

in presenza di gravidanza o allattamento

 

Il bevacizumab può alterare le capacità di guidare o di manovrare macchinari pericolosi. Questo effetto collaterale può aggravarsi con gli alcolici e certi farmaci.

È fondamentale avvertire dottori, chirurghi e dentisti dell’assunzione di bevacizumab.

Inoltre è meglio consigliarsi con il dottore nell’eventualità in cui si debba fare un vaccino.

Bezafibrato

Bezafibrato

 

Il bezafibrato si prende per bocca, in forma di pastiglie.

 

Che cos’è il bezafibrato?

Il bezafibrato opera minimizzando i livelli di lipidi nel sangue.

 

Come si prende il bezafibrato?

Il bezafibrato si prende per bocca, in forma di pastiglie.

 

Effetti collaterali del bezafibrato

Tra gli eventuali effetti collaterali del bezafibrato troviamo anche:

senso di malessere

gonfiori

carenza di appetito

 

È fondamentale consigliarsi immediatamente con un dottore in presenza di:

gonfiori a viso, gola, lingua o labbra

rash

prurito

orticaria

sensazione di oppressione o male al petto

male alle gambe

 

Controindicazioni e avvertenze

Prima di prendere il bezafibrato è meglio avvertire il dottore:

di allergie al principio attivo, ad altri medicinali, ad altre sostanze o a cibi

dei farmaci, dei fitoterapici e degli integratori presi

se si soffre (o si ha sofferto) di disturbi epatici, renali o alla cistifellea o ipotiroidismo

in presenza di gravidanza o allattamento

Durante la cura è fondamentale rispettare le indicazioni date dal dottore riguardo all’alimentazione da seguire e all’attività fisica da fare. È anche meglio, nel caso, smettere di fumare.