Bieta

Bieta

 

Che cosa è la bieta?

La beta vulgaris è un ortaggio molto conosciuto e diffuso nella cucina italiana. Le tipologie di bieta più diffuse sono due: la bieta a foglie larghe (o bieta erbetta) e la qualla a coste.

La bieta erbetta ha foglie piuttosto sottili e dimensioni contenute, la bieta a coste invece ha foglie grandi e larghe – dal colore verde intenso – con un’importante nervatura centrale, da cui il nome. La varietà più nota è quella a coste bianche, ma ne esistono anche altre diverse varietà con coste rosse o argentee.

La bieta viene chiamata anche “bietola”.

 

Quali sono le proprietà nutrizionali?

100 gr. di bieta bollita in acqua, senza aggiunta di sale, apportano circa 33 calorie, ripartite come segue:

64% carboidrati

31% proteine

5% lipidi

 

In particolare, 100 gr. di bieta cotta in acqua senza aggiunta di sale contengono:

76,8 g di acqua

2,8 g di proteine

0,2 g di lipidi

6 g di carboidrati

6 g di zuccheri solubili

52 mg di magnesio

1,5 mg di zinco

18 mg di vitamina C

1,6 g di fibra totale

20 mg di sodio

220 mg di potassio

2 mg di ferro

130 mg di calcio

62 mg di fosforo

luteina, zeaxatina, quercetine, vitamina K

 

Quando non mangiare la bieta?

A oggi non sono ancora note interazioni tra il consumo di bieta e l’assunzione di medicinali o altre sostanze.

 

Stagionalità della bieta

Viene raccolta tutto l’anno, tranne nei mesi più freddi.

 

Possibili benefici e controindicazioni

Grazie all’apporto di fibre e acqua, la bieta , regola i livelli di glucosio nel sangue, facilita il transito intestinale ed aumenta il senso di sazietà. Il suo limitato apporto energetico ne fa un alimento ideale in regimi a basso contenuto calorico. Atteso il suo contenuto in zeaxatina,luteina, quercetine e altre sostanze antiossidanti, essa aiuta a prevenire l’invecchiamento. Come altri ortaggi a foglia verde intenso, la bieta è ricca di calcio (utile per la salute di ossa e denti) e di vitamina K (rinforza le ossa ed è utile a mantenere in buona salute il sistema nervoso poiché partecipa allo sviluppo della guaina mielinica che protegge i nervi).

Il potassio contribuisce a tenere sotto controllo i valori della pressione sanguigna e il vantaggioso rapporto potassio/sodio fa sì inoltre che tale ortaggio abbia buone proprietà diuretiche. Grazie alla luteina, essa risulta protettiva per gli occhi, mentre la biotina produce benefici effetti per la salute di capelli e pelle e capelli.

Finora non sono state accertate controindicazioni al suo consumo, salvo che si sia allergici a questo ortaggio.

 

Disclaimer

Le informazioni riportate rappresentano indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il parere medico. Per garantirsi un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre bene affidarsi ai consigli del proprio medico curante o di un esperto di nutrizione.

Bimatoprost

Bimatoprost

 

Il bimatoprost si usa nella cura dell’ipertensione oculare e del glaucoma ad angolo aperto.

 

Che cos’è il bimatoprost?

Si tratta di un analogo delle prostaglandine. Opera minimizzando la pressione nell’occhio accrescendo la rimozione dei fluidi dal suo interno.

 

Come si prende il bimatoprost?

Il bimatoprost si prende in forma di soluzione ad utilizzo oftalmico, instillandola nell’occhio come un collirio di solito alla sera e almeno a 5 minuti di distanza da altri medicinali da applicare nell’occhio.

 

Effetti collaterali del bimatoprost

Il bimatoprost può far crescere la sensibilità degli occhi alla luce e far diventare iride e sclera più scuri.

 

Tra gli altri suoi eventuali effetti collaterali troviamo anche:

cambiamenti nello sviluppo delle ciglia

sintomi di un raffreddamento

bruciore, secchezza, prurito o rossore degli occhi

senso di corpo estraneo nell’occhio

incremento della lacrimazione

 

È fondamentale avvertire recarsi immediatamente da un dottore in presenza di:

gonfiori a viso, gola, lingua o labbra

rash

prurito

orticaria

sensazione di oppressione o male al petto

palpebra, iride o sclera più scure

perdite dall’occhio o dalla palpebra, infiammazioni, irritazioni, male o gonfiore

affaticamento oculare intenso o continuo

disturbi alla vista

 

Controindicazioni e avvertenze

Prima di usare bimatoprost è meglio avvertire il dottore:

di allergie al principio attivo, ad altri medicinali, ad altre sostanze o a cibi

dei farmaci, dei fitoterapici e degli integratori presi

se si soffre (o si ha sofferto) di infiammazioni, gonfiore, infezioni o traumi agli occhi o altre tipologie di glaucoma

nell’eventualità di impianto di lenti intraoculari

nell’eventualità di intervento agli occhi programmato

in presenza di gravidanza o allattamento

 

È fondamentale avvertire dottori, chirurghi e dentisti dell’uso di bimatoprost.

Blefarospasmo Essenziale

Blefarospasmo Essenziale

 

Il blefarospasmo essenziale è una patologia che causa una contrazione involontaria con successiva chiusura a intermittenza e spesso completa delle palpebre.

 

Che cos’è il blefarospasmo essenziale?

Il blefarospasmo essenziale è una patologia che colpisce entrambi gli occhi (bilaterale, cioè in modo asimmetrico) e si manifesta soprattutto in età senile. La chiusura non volontaria delle palpebre può essere sia continua che ad intermittenza. La frequenza delle contrazioni aumenta considerevolmente nel corso degli anni fino a portare ad una marcata limitazione della capacità visiva a causa dell’incontrollabilità dello spasmo.

 

Quali sono le cause del blefarospasmo essenziale?

La causa del blefarospasmo non è ancora del tutto chiara, ma si ritiene che sia collegata a un funzionamento non regolare di alcune strutture nervose poste alla base del cervello, cioè i gangli della base, che hanno una funzione importante nel controllo dei movimenti.

Anche alcuni farmaci (neurolettici, antistaminici, dopaminergici, anticonvulsivi, pilocarpina, carbacolo, alcuni anestetici) possono essere causa indiretta del blefarospasmo.

 

Quali sono i sintomi del blefarospasmo essenziale?

Il blefarospasmo essenziale inizialmente si manifesta con sensibilità alla luce, aumento della frequenza dell’ammiccamento e secchezza dell’occhio. Anche lo stress può contribuire a peggiorare i sintomi.

 

Diagnosi

Per diagnosticare il blefarospasmo è necessaria una visita medica accurata, dopo aver esaminato tutte le possibili cause secondarie di patologie oculari (blefarite, trichiasi, patologie corneali, glaucoma, uveiti, occhio secco).

Se si sospettano cause neurologiche si ricorre a scanner tomografico per andare ad escludere eventuale patologie della regione ponto cerebellare.

 

Trattamenti

La terapia è eseguita tramite sedute periodiche di somministrazione di tossina botulinica sulla chemodenervazione.

 

Boga

Boga

 

Che cos’è la boga?

Il Boops boops è un pesce di acqua salata che appartiene alla famiglia Sparidae. Amante dei fondali rocciosi e di quelli abitati dalla Posidonia oceanica, è un pesce costiero in grado di vivere in diversi ambienti. È diffuso nell’Oceano Atlantico, nel Mar Nero e nell’Oceano Atlantico.

 

Quali sono le proprietà nutrizionali della boga?

100 gr. di boga cruda (parte edibile) apportano circa 87 calorie suddivise nel seguente modo:

12% lipidi

4% carboidrati

84% proteine

 

Nello specifico, in 100 gr. di boga cruda (parte edibile) si trovano approssimativamente:

25 mg di colesterolo

0,7 g di zuccheri disponibili

2,1 mg di niacina

264 mg di fosforo

38 mg di calcio

1,2 mg di ferro

0,1 mg di riboflavina

0,08mg di tiamina

48 µg di vitamina A

348 mg di potassio

16,7 g di proteine

3,5 g di lipidi

76,1 g di acqua

 

Quando non mangiare la boga?

Non vi sono al momento interazioni tra il suo consumo e l’assunzione di farmaci o altre sostanze. Nel dubbio è opportuno chiedere consiglio al proprio medico.

 

Stagionalità della boga

Depone le uova da gennaio a maggio e non risultano esservi particolari restrizioni alla sua pesca.

 

Possibili benefici e controindicazioni della boga

Non è un pesce particolarmente apprezzato in cucina, soprattutto perché la sua carne tende – nel giro di qualche giorno – ad assumere un odore sgradevole. Ciò nonostante ha delle caratteristiche nutrizionali interessanti: ricca di proteine di qualità elevata, apporta vitamine del gruppo B (importanti per il buon funzionamento del metabolismo) e vitamina A (alleata della vista e del sistema immunitario nonché di fondamentale importanza durante la crescita). Inoltre il potassio in esso contenuto può aiutare a proteggere la salute cardiovascolare, controllando sia la pressione del sangue che la frequenza cardiaca; il calcio e il fosforo a proteggere la salute delle ossa e dei denti, il ferro a evitare anemie.

Essa è però una fonte di colesterolo e secondo le Linee Guida per la Prevenzione dell’Aterosclerosi del Ministero della Salute, al fine di proteggere la salute cardiovascolare, è bene limitare l’assunzione di questa molecola a non più di 300 mg al dì (o a non più di 200 mg al dì, qualora si soffra di disturbi cardiovascolari).

 

Disclaimer

Le informazioni riportate rappresentano indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il parere medico. Per garantirsi un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre bene affidarsi ai consigli del proprio medico curante o di un esperto di nutrizione.

Borsite

Borsite

 

Articolazioni e altre parti anatomiche sono protette dalle “borse” piccole sacche piene di liquido. Si trovano tra ossa e tendini ma anche tra tendini e muscoli. La loro funzione è quella di ammortizzare, rendendo il movimento fluido e proteggendo le strutture corporee. Senza queste sacche le strutture del nostro corpo andrebbero incontro ad usura e traumi, generando forti dolori ed infiammazioni.

Quando il liquido all’interno delle borse (detto liquido sinoviale) si infiamma, si genera una condizione chiamata borsite con sintomi che limitano o rendono impossibile il movimento.Le borse più esposte al rischio di infiammazione sono quelle della spalla, del gomito, del ginocchio e dell’anca.

Che cos’è la borsite?

Le borsiti si dividono in borsiti infiammatorie ed emorragiche. Le prime consistono in uno stato infiammatorio di questi piccoli sacchetti ripieni di liquido, causato da movimenti ripetuti, che li sottopongono a sollecitazioni e sfregamenti. Nel primo tipo di borsiti si annoverano anche le borsiti causate dal deposito di cristalli di urea (in pazienti affetti da iperuricemia) o in seguito a una infezione virale o più di frequente batterica (in tal caso si deve parlare più propriamente di borsite settica). Nel secondo caso, generalmente a seguito di trauma, si determina uno stravaso di sangue per rottura di vasi, con conseguente raccolta ematica all’interno della borsa stessa.

 

Quasi sono le cause della borsite?

Le cause della borsite possono essere diverse:

-stress meccanici, causati da movimenti ripetuti, sfregamento, attrito;

-patologie sistemiche, come artrite reumatoide o gotta, che possono interferire con la composizione del liquido sinoviale;

-infezioni batteriche o virali che possono attaccare le borse;

-traumi, come cadute e incidenti in cui la pressione violenta esercitata sulle borse ne può provocare la rottura o l’irritazione.

-l’invecchiamento e lavori o hobby usuranti che prevedono sempre lo stesso movimento (ad esempio musicisti ed artigiani)

 

Quali sono i sintomi della borsite?

I sintomi della borsite sono:

-dolore amplificato dal movimento o dalla pressione;

-arrossamento e gonfiore;

-presenza di lividi (ecchimosi o ematomi) che corrispondono a piccoli versamenti di sangue;

-eruzioni cutanee;

-febbre (in caso di infezione o importante versamento di sangue)

 

Come si previene la borsite?

La prevenzione della borsite è indispensabile soprattutto per quei pazienti che ne hanno già sofferto. Per evitare che il problema si presenti nuovamente è necessario:

-evitare la pressione sui gomiti quando ci si appoggia alla scrivania;

-usare delle imbottiture specifiche per proteggere le ginocchia e piegare le gambe quando ci si alza o si solleva un peso, specie in corso di attività lavorative ripetute e pesanti;

-evitare sforzi eccessivi o di sollevare carichi troppo pesanti;

-correre su superfici adeguate;

-riscaldare sempre i muscoli prima di ogni esercizio fisico e dello sport, allenare il corpo all’equilibrio e al mantenimento di una corretta postura;

-non fare movimenti ripetuti o tenere la stessa posizione troppo a lungo;

-cercare di evitare il sovrappeso corporeo;

 

Se la causa della borsite non è apparentemente riconducibile a una causa traumatica, è utile rivolgersi al medico per ricercare eventuale patologia correlata (es. gotta, artrite reumatoide, etc).

 

Diagnosi

Per una diagnosi di borsite è generalmente sufficiente una visita specialista. In ogni caso è indicato approfondire con ulteriori indagini, di tipo strumentale:

-radiografie, per verificare o escludere la presenza di fratture o alterazioni di altra natura a livello dell’osso;

-ecografia, di fondamentale importanza per confermare la natura e il contenuto della borsa, così, come per valutare il coinvolgimento di altre strutture adiacenti interessate dall’infiammazione.

-Risonanza Magnetica Nucleare, nei casi in cui gli esami precedenti non siano stati in grado di chiarire il quesito diagnostico.

-esami del sangue ed eventualmente analisi del liquido sinoviale, per chiarire la causa della borsite, composizione del liquido e la presenza di eventuali agenti patogeni responsabili dell’infezione.

 

Trattamenti

Il trattamento della borsite cambia in funzione della severità del quadro clinico e la presenza di eventuali complicazioni. Se la borsite è di grado leggero è solitamente sufficiente: – l’uso della borsa del ghiaccio – osservare un periodo di riposo – l’assunzione di un farmaco antiinfiammatorio per ridurre flogosi e dolore e di una benda elastica compressiva per contenere il disagio provocato dai movimenti.

In alcuni casi può essere necessario procedere all’aspirazione del liquido sinoviale contenuto nella borsa infiammata, ed eventualmente all’iniezione (infiltrazione) di corticosteroidi direttamente nella borsa, in modo da ridurre il rischio che si formi nuovamente.

Gli antibiotici sono necessari, se l’esame clinico e gli esami del sangue indicano la presenza di un’infezione oppure, in casi specifici, per prevenirne la comparsa.

In associazione al controllo dell’infiammazione e dolore con i farmaci, la terapia della borsite può prevedere anche applicazioni di terapie fisiche locali (come per esempio laserterapia, crioterapia o ultrasuoni).

In taluni casi più severi, specie se recidivanti o di difficile risoluzione, può essere indicata l’asportazione chirurgica della borsa infiammata.

È fondamentale, nei casi in cui non vi sia una chiara origine traumatica (diretta o da trauma ripetuto), escludere eventuali patologie concomitanti da curare (es. gotta o artrite reumatoide).

 

Bortezomib

Bortezomib

 

Il bortezomib si usa nella cura di certe forme tumorali, per esempio certi linfomi e il mieloma multiplo.

 

Che cos’è il bortezomib?

Il bortezomib opera arrestando un complesso proteico – il cosiddetto proteasoma – che degrada certe proteine cellulari fondamentali per la sopravvivenza delle cellule tumorali.

 

Come si prende il bortezomib?

Il bortezomib si assume tramite infusioni in vena.

 

Effetti collaterali del bortezomib

Il bortezomib può far diminuire la quantità di piastrine e la capacità di ostacolare le infezioni, influenzare la glicemia, provocare disturbi ai nervi, scompenso cardiaco, disturbi polmonari e provocare sindrome da lisi tumorale.

 

Tra gli altri suoi eventuali effetti collaterali troviamo anche:

costipazione

diarrea

capogiri

dolore alla testa

perdita dell’appetito

leggero dolore allo stomaco

nausea

disturbi gastrici

cambiamenti del gusto

stanchezza

problemi del sonno

vomito

debolezza

 

È fondamentale recarsi immediatamente da un dottore in presenza di:

gonfiori a viso, gola, lingua o labbra

rash

prurito

orticaria

sensazione di oppressione o male al petto

raucedine inusuale

alterazioni nella quantità di urine prodotte

alterazioni della forza

diminuzione delle capacità di equilibrio o di coordinazione

bocca o occhi secchi

svenimenti

battito cardiaco accelerato, rallentato o irregolare

disturbi di memoria

mutamenti d’umore o del comportamento

disturbi ai nervi nuovi o in peggioramento

debolezza da una sola parte del corpo

arrossamenti, bruciore, male, gonfiore o altri disturbi sulla zona di iniezione

diarrea, vomito, costipazione o dolore allo stomaco intensi o continui

sintomi di infezioni

emorragie

disturbi epatici

problemi a parlare

problemi a camminare

 

Avvertenze

Il bortezomib non è indicato in presenza di assunzione di carbamazepina, efavirenz, enzalutamide, idantoine, oxcarbazepina, fenobarbital, primidone, rifamicine o iperico.

 

Prima della cura è meglio avvertire il dottore:

di allergie al principio attivo, ad altri medicinali, ad altre sostanze o a cibi, nello specifico al boro o al mannitolo

dei farmaci, dei fitoterapici e degli integratori presi, nello specifico antidiabetici, alfa- bloccanti, medicinali per la pressione elevata e ogni altro medicinale che può minimizzare la pressione, antifungini azolici, inibitori della proteasi, carbamazepina, efavirenz, enzalutamide, idantoine, oxcarbazepina, fenobarbital, primidone, rifamicine e iperico

se si soffre (o si ha sofferto) di svenimenti, disturbi epatici, globuli bianchi o piastrine bassi, neuropatie periferiche o altri disturbi ai nervi, problemi cardiaci, pressione bassa, diabete, disturbi polmonari o infezioni da herpes

in presenza di disidratazione

nell’eventualità di dialisi

nell’eventualità di gravidanza o allattamento

 

Durante la cura è meglio incrementare l’assunzione di fluidi e, nel caso delle donne, usare anticoncezionali efficaci.

Inoltre è meglio rammentare che il bortezomib può alterare le capacità di guidare e manovrare macchinari pericolosi, e che questo effetto può aggravarsi consumando alcolici e certi farmaci. Alcolici, caldo, attività fisica e febbre possono anche peggiorare i capogiri provocati dal bortezomib; per questo è fondamentale alzarsi lentamente, principalmente al mattino, e sedersi alle prime avvisaglie di giramenti di testa.

È fondamentale avvertire sempre dottori, chirurghi e dentisti della cura con bortezomib.

Bosentan

Bosentan

 

Il bosentan si usa nellla cura dell’ipertensione polmonare.

 

Che cos’è il bosentan?

Si tratta di un antagonista del recettore dell’endotelina. Opera collaborando alla riduzione della pressione del sangue a livello dei polmoni.

 

Come si prende il bosentan?

Il bosentan si assume per bocca.

 

Effetti collaterali del bosentan

Il bosentan può provocare seri danni al fegato, minimizzare l’efficacia dei contraccettivi a base ormonale e diminuire la conta spermatica.

 

Tra gli altri suoi eventuali effetti collaterali troviamo anche:

vampate

dolore alla testa

irritazioni a naso o gola

infezioni delle vie aeree

 

È fondamentale recarsi immediatamente da un dottore in presenza di:

gonfiori a vovisolto, gola, lingua o labbra, braccia, mani, gambe o piedi

rash

prurito

orticaria

sensazone di oppressione o male al petto

raucedine inusuale

capogiri

svenimenti

febbre, brividi o dolore alla gola continuo

battito cardiaco irregolare

male alle articolazioni

senso di avere la testa leggera

fiato corto

crescita di peso repentino e immotivato

disturbi epatici

lividi o emorragie

stanchezza o debolezza inusuali

 

Controindizazioni e avvertenze

Il bosentan può non essere indicato in presenza di disturbi al fegato e di assunzione di bosutinib, ciclosporina o gliburide. Prima di prenderlo le donne fertili devono anche fare un test di gravidanza.

 

Prima di prenderlo è sempre meglio avvertire il dottore:

di allergie al principio attivo, ad altri medicinali, ad altre sostanze o a cibi

dei farmaci, dei fitoterapici e degli integratori presi, nello specifico amiodarone, antifungini azolici, cobicistat, ciclosporina, diltiazem, inibitori della proteasi dell’HIV, macrolidi, tacrolimus, gliburide, anticoagulanti, axitinib, bosutinib, cabazitaxel, statine, contraccettivi ormonali, ulipristal e ogni medicinale che potrebbe ledere il fegato

se si soffre (o si ha sofferto) di disturbi epatici, cardiaci o al sangue

in presenza di ritenzione idrica

in presenza di assunzione di alcolici

in presenza di gravidanza o allattamento

 

La terapia non deve essere interrotta repentinamente senza il permesso del dottore. Alla stessa maniera, la posologia non deve essere alterata di propria iniziativa.

Il bosentan può alterare le capacità di guidare e manovrare macchinari pericolosi; questo effetto può aggravarsi consumando alcolici e certi farmaci.

È fondamentale avvertire dottori, chirurghi e dentisti dell’assunzione di bosentan.

Bradiaritmie

Bradiaritmie

 

È un’aritmia caratterizzata da un disturbo nella formazione o nella conduzione dell’impulso elettrico. Le forme più frequenti sono la malattia del nodo del seno atriale o i blocchi atrio-ventricolari.

Che cos’è la bradiaritmia?

In condizioni normali l’impulso elettrico viene generato nel nodo seno atriale e viene condotto attraverso gli atri e in seguito ai ventricoli mediante il nodo atrioventricolare e il sistema di conduzione intraventricolare specializzato (fascio di His). Una bradiaritmia è un disturbo nella genesi o nella conduzione dell’impulso elettrico. Comprende quindi la malattia del nodo del seno che si manifesta con basse frequenze sinusali o improvvisa assenza della genesi del battito (blocco seno-atriale o arresto sinusale).

I blocchi atrio-ventricolari sono invece disturbi di conduzione dell’impulso dagli atri ai ventricoli. È possibile che si verifichino all’interno del nodo atrioventricolare o nel sistema di conduzione intraventricolare.

Vengono classificati per gradi:

Primo grado: quando tutti gli impulsi atriali vengono condotti ai ventricoli con un rallentamento.

Secondo grado o conduzione intermittente: quando alcuni impulsi vengono condotti mentre altri restano bloccati.

Terzo grado o blocco completo: quando nessun impulso atriale viene condotto ai ventricoli.

I blocchi a livello del nodo atrioventricolare sono spesso benigni e se ne riscontra una minore tendenza alla progressione. I blocchi situati al di sotto del nodo e fascio di His, invece, hanno una più elevata tendenza alla progressione in blocchi più gravi.

I disturbi bradiaritmici possono essere correlati a sintomi come debolezza, affaticabilità, capogiro, lipotimia o sincope.

Come effettuare la diagnosi

Gli strumenti diagnostici sono:

elettrocardiogramma

Holter ECG 24 ore

Spesso integrano una corretta visita cardiologica con anamnesi.

Trattamenti

Se le bradiaritmie si presentano mentre sì è in corso di terapia con farmaci che possono risultarne la causa, si può risolvere il problema sospendendo la terapia.

In base alla sede e all’entità del blocco, nonché alla presenza di sintomi correlati, può essere indicato l’impianto di un pacemaker.

Prevenzione

Le bradiaritmie sono soprattutto l’espressione di un invecchiamento del “sistema elettrico” del nostro cuore, per cui non si hanno a disposizione programmi di prevenzione particolari. Tuttavia risulta necessario effettuare una valutazione aritmologica nel caso ci fosse una certa familiarità per difetti del battito cardiaco o se fosse nota una preesistente condizione di bradicardia.

Brimonidina

Brimonidina

 

La brimonidina si usa per minimizzare la pressione intraoculare nelle persone affetti da glaucoma ad angolo aperto o da ipertensione oculare.

 

Che cos’è la brimonidina?

La brimonidina opera minimizzando la produzione di fluidi nell’occhio e la pressione intraoculare.

 

Come si prende la brimonidina?

La brimonidina si prende in forma di soluzione per utilizzo oftalmico.

 

Effetti collaterali della brimonidina

Tra gli eventuali effetti collaterali della brimonidina troviamo anche:

vista appannata

tosse

capogiri

sonnolenza

secchezza oculare

secchezza della bocca

incremento della lacrimazione

leggero bruciore o prurito all’occhio

naso chiuso o che cola

 

È fondamentale avvertire immediatamente un dottore in presenza di:

rash

orticaria

prurito

problemi respiratori

sensazione di oppressione al petto

gonfiore di bocca, viso, labbra o lingua

depressione

irritazione, gonfiore, male agli occhi

perdite dall’occhio

male o altri disturbi alle palpebre

battito cardiaco accelerato, rallentato o irregolare

febbre, brividi o dolore alla gola continui

sensibilità alla luce

senso di avere qualcosa nell’occhio fastidiosa o continuo

dolore alla di testa o capogiri forti o continui

fiato corto

disturbi alla vista

 

Controindicazioni e avvertenze

La brimonidina non si deve prendere prima dei due anni di età e in presenza di terapia con furazolidone o MAO inibitori

In presenza di assunzione di altri medicinali a utilizzo oftalmico per la diminuzione della pressione intraoculare è meglio aspettare almeno cinque minuti tra la loro somministrazione e quella di brimonidina.

 

Prima dell’assunzione è anche fondamentale avvertire il dottore:

di probabili allergie al principio attivo, ai suoi eccipienti, a ogni altro medicinale, a cibi o ad altre sostanze

dei farmaci, dei fitoterapici e degli integratori presi, menzionando nello specifico digossina, medicinali per la pressione elevata, barbiturici, oppiacei, furazolidone, linezolid, MAO inibitori e antidepressivi triciclici

se si soffre (o si ha sofferto) di disturbi cardiaci, renali o epatici, depressione, disturbi circolatori o vascolari o pressione bassa

in presenza di traumi o infezioni all’occhio

in presenza di interventi chirurgici all’occhio programmati

in presenza di gravidanza o allattamento

 

La brimonidina può diminuire le capacità di guidare e di manovrare macchinari pericolosi. Questo effetto collaterale può aggravarsi consumando alcolici o certi medicinali.

È fondamentale avvertire dottori, chirurghi e dentisti dell’assunzione di brimonidina.

Brinzolamide

Brinzolamide

 

La brinzolamide si usa nella cura della pressione alta nell’occhio nelle persone affette da glaucoma ad angolo aperto o da ipertensione oculare.

 

Che cos’è la brinzolamide?

Si tratta di un inibitore dell’anidrasi carbonica. Oper minimizzando la produzione di fluidi nell’occhio, collaborando così a diminuire la pressione intraoculare.

 

Come si prende la brinzolamide?

La brinzolamide si assume in forma di soluzione ad utilizzo oftalmico, applicandola all’occhio come un collirio.

 

Effetti collaterali della brinzolamide

La brinzolamide può appannare la vista e provocare bruciore e pizzicore agli occhi.

 

Tra gli altri suoi eventuali effetti collaterali troviamo anche:

percezione di gusto amari, acidi o inusuali

disturbi, lacrimazione o secchezza degli occhi

perdite dagli occhi

senso di avere un corpo estraneo nell’occhio

dolore alla testa

infiammazione delle palpebre

gonfiore della cornea

 

È fondamentale recarsi immediatamente da un dottore in presenza di:

gonfiori a viso, gola, lingua o labbra

rash

prurito

orticaria

sensazione di oppressione o male al petto

male o prurito agli occhi

irritazioni alla palpebre

 

Controindicazioni e avvertenze

Prima di usare brinzolamide è meglio avvertire il dottore:

di allergie al principio attivo, ad altri medicinali (nello specifico a sulfonamidi), ad altre sostanze o a cibi

dei farmaci, dei fitoterapici e degli integratori presi

se si soffre (o si ha sofferto) di disturbi epatici o renali

se si usano lenti a contatto

in presenza di gravidanza o allattamento

 

La brinzolamide può alterare le capacità di guidare e manovrare macchinari pericolosi.

Buserelina

Buserelina

 

La buserelina si usa soprattutto nella terapia del tumore alla prostata metastatico.

 

Che cos’è la buserelina?

La buserelina arresta la produzione di testosterone da parte dei testicoli. In questa maniera può collaborare a minimizzare le misure del tumore alla prostata e arrestarne lo sviluppo.

 

Come si prende la buserelina?

Di solito la buserelina si assume tramite iniezioni sottocutanee durante i primi 7 giorni di cura, mentre a cominciare dall’ottavo giorno si deve prendere in forma di spray nasale.

 

Effetti collaterali della buserelina

Nei primi giorni della cura la buserelina può peggiorare i sintomi collegati al tumore.

Inoltre il medicinale può provocare:

irritazioni al naso (quando preso in forma di spray nasale)

vampate e sudorazioni

disturbi nella sfera sessuale

dolore alla testa

stanchezza

secchezza cutanea, rash lievi

capogiri

vista appannata

sonnolenza

 

Inoltre se presa per molto tempo (più di 6 mesi) la buserelina può provocare:

crescita di peso

perdita della forza muscolare

osteoporosi

mutamenti d’umore

disturbi di memoria

problemi di concentrazione

dolori muscolari e articolari

mammelle gonfie o sensibili

incremento del pericolo di patologie cardiache e diabete

 

È fondamentale recarsi immediatamente da un dottore in presenza di:

gonfiori a viso, gola, lingua o labbra

rash

prurito

orticaria

sensazione di oppressione o male al petto

 

 

 

Controindicazioni e avvertenze

Prima della cura con buserelina è meglio avvertire il dottore:

di allergie al principio attivo, ad altri medicinali, ad altre sostanze o a cibi

dei farmaci, dei fitoterapici e degli integratori presi

delle altre patologie e dei disturbi di salute di cui si soffre (o si ha sofferto)

Cabergolina

Cabergolina

 

La cabergolina si usa nella cura di problemi collegati a livelli alti di prolattina, sia se a provocarne l’incremento sono tumori dell’ipofisi sia se si tratta di disturbi dalle cause ignote.

 

Che cos’è la cabergolina?

La cabergolina opera fermando la secrezione di prolattina da parte dell’ipofisi.

 

Come si prende la cabergolina?

La cabergolina si prende per bocca.

 

Effetti collaterali della cabergolina

La cabergolina può provocare problemi del comportamento.

Tra gli altri suoi eventuali effetti collaterali troviamo anche:

costipazione

capogiri

dolore alla testa

indigestione

leggero dolore allo stomaco

nausea

stanchezza o debolezza

vomito

 

È fondamentale recarsi immediatamente da un dottore in presenza di:

gonfiori a viso, gola, lingua o labbra, mani, caviglie, gambe o piedi

rash

prurito

orticaria

sensazione di oppressione o male al petto

dolore alla schiena

alterazioni del comportamento o dell’umore

bruciori, intorpidimenti o pizzicori

confusione

minzione diminuita

svenimenti

allucinazioni

battito cardiaco irregolare

tosse continua

capogiri o senso di avere la testa leggera intensi o continui

intenso male o sensibilità allo stomaco

fiato corto

crescita di peso repentina e inspiegabile

disturbi alla vista

 

Controindicazioni e avvertenze

La cabergolina può non essere indicata in presenza di pressione elevata, disturbi alle valvole cardiache, problemi collegati a fibrosi e assunzione di butirrofenoni, metoclopramide, fenotiazine, tioxanteni o triptani.

Prima dell’assunzione è meglio avvertire il dottore:

di allergie al principio attivo, ad altri medicinali (nello specifico ai derivati dell’ergot), ad altre sostanze o a cibi

dei farmaci, dei fitoterapici e degli integratori presi, nello specifico macrolidi, butirrofenoni, metoclopramide, fenotiazine, tioxanteni e triptani e ogni prodotto che potrebbe minimizzare la pressione o provocare disturbi alle valvole cardiache

se si soffre (o si ha sofferto) di disturbi epatici o pressione elevata (anche in seguito a una gravidanza)

in presenza di gravidanza o allattamento

 

La cabergolina può alterare le capacità di guidare e manovrare macchinari pericolosi; questo effetto può aggravarsi consumando alcolici e anche certi farmaci. Alcolici, caldo, attività fisica e febbre possono anche peggiorare i capogiri provocati dalla cabergolina; per questo è fondamentale alzarsi lentamente, principalmente al mattino, e sedersi alle prime avvisaglie di giramenti di testa.

Calazio

Calazio

 

Il calazio è una cisti (o lipogranuloma) della palpebra che può formarsi a causa di una infiammazione cronica delle ghiandole del Meibomio, ghiandole che producono la componente lipidica delle lacrime. Un calazio, se di grosse dimensioni può anche causare astigmatismo a seguito della compressione della cornea.

 

Che cos’è il calazio?

Può essere sia acuto, sia cronico, problema che causa dolore, eritema e gonfiore della palpebra. Può trasformarsi in un nodulo duro alla palpazione. Il nodulo può svilupparsi alla superficie anteriore cutanea (calazio sovratarsale) o, più spesso, alla superficie posteriore della palpebra (calazio sottotarsale). Il materiale purulento contenuto può fuoriuscire, ma nel caso non lo facesse e rimanesse incistato deve essere rimosso per via chirurgica.

 

Quali sono le cause del calazio?

La formazione di un calazio può dipendere da stati ansiosi, patologie del tratto intestinale (come la colite spastica) e disordini alimentari.

 

Quali sono i sintomi del calazio?

La sintomatologia tipica del calazio è la percezione di un dolore continuo alla palpebra associato a una sensazione di fastidiosa pressione.

 

Diagnosi

La diagnosi del calazio, a seguito di visita oculistica, prevede l’analisi diretta da parte del medico.

In caso di lesioni ricorrenti e frequenti è consiglibile un esame istologico che permetta la diagnosi differenziale fra calazio, carcinoma sebaceo, carcinoma basocellulare e linfoma.

 

Trattamenti

La terapia medica del calazio prevede l’uso di pomate a base di antibiotici e steroidi. La palpebra deve essere tenuta pulita per mantenere sgombri i dotti delle ghiandole, evitando impacchi caldo-umidi se la cute risulta arrossata ed infiammata.

La terapia chirurgica consiste nell’incisione seguita da un raschiamento (courettage). Per evitare cicatrici si tende ad intervenire dall’interno della palpebra. Meno frequentemente si interviene dall’esterno mettendo, poi, dei punti. L’intervento viene eseguito in anestesia locale e in regime ambulatoriale, ad eccezione dei bambini, che devono di essere necessariamente sedati.

 

Prevenzione

Per prevenire il calazio è necessario seguire un regime di alimentazione curato e regolare, consumando con cautela insaccati, dolci e altri cibi ricchi di sostanze grasse, soprattutto se di origine animale.

Un’accurata e regolare pulizia del bordo delle palpebre aiuta a mantenere puliti i dotti delle ghiandole. Soggetti particolarmente predisposti a sviluppare un calazio possono pulire più accuratamente ciglia e palpebre con un bastoncino di cotone imbevuto di acqua tiepida o, in casi particolari, utilizzando shampoo specifici.

Candida

Candida

 

Che cos’è la candida?

L’infezione da Candida sta ad indicare in linea di massima la candidosi candidiasi, ossia l’infezione causata dalla Candida albicans, il fungo che si trova nelle mucose genitali. La Candida abita comunemente nella vagina, ma può mutare in patogena e causare conseguentemente irritazione anche grave alle mucose.

Le statistiche rivelano che i 2/3 circa delle donne in età fertile almeno una volta nella vita ne sono state affette. La candida albicans si trova anche nel cavo orale, in questo caso può causare un’infezione fastidiosa denominata mughetto.

 

Quali sono le cause della candida?

La candida albicans è naturalmente presente nel corpo umano e in una situazione normale non è fattore scatenanti di alcun fastidio. In determinate circostanze però può proliferare e manifestarsi con sintomi fastidiosi. Questo avviene, per esempio, dopo una terapia antibiotica, o anche nei soggetti immunodepressi, nelle donne diabetiche, in gravidanza o talvolta nelle donne che utilizzano i contraccettivi orali.

 

Quali sono i sintomi della candida?

Le infezioni da candida possono verificarsi sia in soggetti donne sia gli uomini.

Nelle donne i sintomi consistono per lo più in arrossamento delle mucose genitali, perdite bianche “tipo ricotta” e prurito; possono inoltre esserci dolore durante i rapporti sessuali e bruciore alla minzione, in quanto l’urina percorre i tratti di mucosa infiammata.

Gli uomini hanno invece un’eruzione cutanea con arrossamento al glande che talvolta può coinvolgere anche l’area del prepuzio, con conseguente bruciore. Tuttavia numerosi soggetti hanno anche lamentato episodi di perdite biancastre e materiale caseoso intorno al prepuzio, frequentemente le casistiche hanno evidenziato che i sintomi appaiono a seguito di rapporti sessuali.

 

Come prevenire la candida?

La Candidiasi non è necessariamente legata ai rapporti sessuali, anche se la trasmissione avviene per via sessuale e proprio per questo motivo il preservativo è un utile alleato nella prevenzione alla candida. Nella prevenzione della candidosi gioca un ruolo importante anche una corretta igiene intima, usando detergenti acidi. È consigliabile inoltre preferire biancheria di cotone ed evitare indumenti troppo stretti.

Molti medici consigliano anche l’assunzione di lattobacili (fermenti lattici) per via vaginale e/o orale ogni volta che si deve effettuare una terapia antibiotica.

 

Diagnosi

La candidosi può essere diagnosticata attraverso la storia clinica e l’esame obiettivo, oppure effettuando uno striscio vaginale nelle donne o un tampone uretrale negli uomini.

 

Trattamenti

La candida si cura con trattamenti antifungini, la terapia potrebbe prevedere sia farmaci per bocca, sia per uso locale (creme, ovuli o lavande).

È necessario trattare entrambi i partner sessuali, al fine di evitare il cosiddetto effetto “ping-pong”, ossia il passaggio dell’infezione dal partner non trattato all’altro.

Il trattamento può essere efficace nel bloccare l’infezione, impedendo al fungo di proliferare, ma non può eliminarlo dall’organismo; sono pertanto possibili recidive in futuro.

Capsulite adesiva della spalla (o spalla congelata)

Capsulite adesiva della spalla (o spalla congelata)

 

La capsulite adesiva della spalla, volgarmente detta spalla congelata, è una patologia infiammatoria che causa la perdita di mobilità dell’articolazione omero scapolare. È una patologia in cui tipicamente i sintomi si presentano in maniera lieve e peggiorano gradualmente nel tempo.

 

Che cos’è la capsulite adesiva della spalla?

La capsulite adesiva è una patologia che richiede lunghi tempi di recupero. Comporta una grande limitazione nei movimenti della spalla e il dolore costante, che generalmente peggiora durante la notte, rende difficili quasi tutti i movimenti.

I pazienti con questa patologia sviluppano spesso anche disturbi del sonno.

 

Quali sono le cause della capsulite adesiva della spalla?

L’articolazione fra spalla e omero è composta di ossa, tendini e legamenti, che sono compresi in una capsula di tessuto connettivo. Quando questa capsula si restringe e si infiamma fino a limitare i movimenti dell’articolazione, si verifica la capsulite adesiva.

La capsulite adesiva è più frequente nel sesso femminile, in un’età compresa fra i 35 e i 50 anni e si associa spesso a malattie metaboliche (diabete o iper / ipotoroidismo). Si ipotizza una sua correlazione anche con le patologie autoimmuni, ma i ricercatori non hanno risposte chiare in merito alla sua insorgenza in alcuni soggetti piuttosto che in altri.

 

Quali sono i sintomi della capsulite adesiva della spalla?

La capsulite adesiva si manifesta solitamente in maniera progressiva.

Nella prima fase, i movimenti dell’articolazione sono molto dolorosi, ma possibili, mentre il raggio dei movimenti si riduce gradualmente. Questa fase dura in media fra i due e i nove mesi.

La seconda fase è caratterizzata da una leggera riduzione del dolore, accompagnata da una notevole diminuzione del raggio di movimenti possibili, per un periodo fra i quattro e i nove mesi.

La fase successiva, detta di “scongelamento”, vede un nuovo ampliamento delle possibilità di movimento dell’articolazione, fino al recupero, che può essere totale o solo parziale. Questa fase può durare fra i sei mesi e i due anni.

 

Come si può prevenire la capsulite adesiva della spalla?

A causa della scarsa conoscenza dei fattori di rischio, non è possibile creare una forma preventiva della stessa.

 

Diagnosi

L’esame fisico è solitamente sufficiente per effettuare la diagnosi di capsulite adesiva. Il medico verifica la mobilità dell’articolazione e la possibilità di compiere determinati movimenti. La risonanza magnetica e la radiografia possono essere utili a escludere che i sintomi derivino da condizioni differenti.

 

Trattamenti

I trattamenti per questa patologia si concentrano sulla riduzione del dolore e sul recupero della funzionalità dell’articolazione. Lo specialista spesso prescrive farmaci antinfiammatori e antidolorifici.

Purtroppo si tratta di una patologia i cui tempi di recupero sono lunghi e per la quale è difficile valutare pro e contro dei vari trattamenti.

Le opzioni terapeutiche sono differenti:

-terapia farmacologica associata a fisioterapia.

-iniezioni di corticosteroidi, al fine di alleviare il dolore e migliorare la mobilità articolare.

-intervento chirurgico in artroscopia, nel caso l’ortopedico giudichi che la rimozione di parte del tessuto capsulare possa essere d’aiuto.

 

Carambola

Carambola

 

Che cos’è la carambola?

Si tratta del frutto dell’Averroha carambola, specie che appartiene alla famiglia delle Oxalidaceae. Originaria della penisola malese, è coltivata in numerose zone del Sudest asiatico, nelle isole del Pacifico, negli USA, in Cina e in Brasile.

 

Quali sono le proprietà nutrizionali della carambola?

100 gr. di carambola apportano 31 calorie e:

34,4 mg di vitamina C

0,15 mg di vitamina E

0,367 mg di niacina

0,017 mg di piridossina

0,016 mg di riboflavina

0,014 mg di tiamina

61 UI di vitamina A

0,12 mg di zinco

0,08 mg di ferro

6,73 g di carboidrati

1,04 g di proteine

0,33 g di lipidi

2,80 g di fibre

12 µg di folati

133 mg di potassio

12 mg di fosforo

10 mg di magnesio

3 mg di calcio

2 mg di sodio

 

E anche una fonte di flavonoidi (in particolare di acido gallico, quercetina e epicatechine), per un totale di 143 mg di flavonoidi ogni 100 gr di frutto.

 

Quando non mangiarla?

Essa può interagire con molti medicinali, aumentando gli effetti avversi o la tossicità inibendo – nell’intestino e nel fegato – l’enzima citocromo P450 3A4. Per tale motivo è opportuno chiedere consiglio al proprio medico sui rischi associabili al suo utilizzo.

 

Periodo reperibilità/stagionalità

La sua reperibilità commerciale dipende dal paese di origine.

 

Possibili benefici e controindicazioni

Il suo consumo contribuisce ad aumentare l’apporto di fibre, benefiche alleate della salute intestinale e cardiovascolare. Mangiare carambola aiuta altresì a fare il pieno di antiossidanti, dalla vitamina C ai flavonoidi, che proteggono le cellule dai radicali liberi. Le vitamine del gruppo B invece esercitano la loro azione come cofattori per diversi enzimi. Infine, il potassio contenuto in questo frutto contribuisce al controllo del battito cardiaco e della pressione arteriosa.

Si tratta di uno dei frutti più ricchi di ossalati (molecole che possono promuovere la formazione di calcoli e interagire con l’assorbimento di importanti nutrienti, come magnesio e calcio).

 

Disclaimer

Le seguenti informazioni rappresentano indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il parere medico. Per garantirsi un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre bene affidarsi ai consigli del proprio medico curante o di un esperto di nutrizione.

Carboplatino

Carboplatino

 

Il carboplatino si usa soprattutto nella terapia dei tumori all’ovaio.

 

Che cos’è il carboplatino?

Il carboplatino disturba lo sviluppo delle cellule tumorali alterando il loro DNA.

 

Come si prende il carboplatino?

Il carboplatino si assume tramite infusioni in vena.

 

Effetti collaterali del carboplatino?

Il carboplatino può provocare serie reazioni allergiche, soppressioni del midollo osseo e anemia. Può anche minimizzare la quantità delle piastrine e la capacità dell’organismo di ostacolare le infezioni.

 

Tra gli altri suoi eventuali effetti collaterali troviamo anche:

costipazione

diarrea

caduta dei capelli

perdita dell’appetito

nausea

male o disturbi allo stomaco

vomito

debolezza

 

È fondamentale avvertire immediatamente un dottore in presenza di:

rash

orticaria

prurito

problemi respiratori

sensazione di oppressione al petto

gonfiore di bocca, viso, labbra o lingua

alterazioni nella quantità di urina prodotta

tosse

urina scura

diminuzione dell’udito (o perdita)

febbre, brividi o dolore alla gola

arrossamento, gonfiore o male sulla zona di iniezione

intorpidimenti, pizzicori o male a livello di mani o piedi

male, irritazione o piaghe in bocca

acufeni

stanchezza o debolezza intensi o continui

lividi o emorragie

ittero

 

Controindicazioni e avvertenze

Il carboplatino può non essere indicato in presenza di disturbi al midollo osseo o problemi emorragici.

Prima della sua somministrazione è fondamentale avvertire il dottore:

di possibili allergie al principio attivo, ai suoi eccipienti, a ogni altro medicinale, a cibi o ad altre sostanze, nello specifico al mannitolo e a composti che contengono platico (per esempio il cisplatino)

dei farmaci, dei fitoterapici e degli integratori presi, nello specifico antibiotici, anticoagulanti, idantoine e ogni farmaco che può ledere i reni

se si soffre (o si ha sofferto) di disturbi epatici o renali o bassi livelli di elettroliti nel sangue

in presenza di gravidanza o allattamento

 

Durante la terapia non si devono assolutamente fare dei vaccini vivi.

In più, le donne in età fertile devono usare efficaci metodi anticoncezionali.

Carbossimaltosio ferrico

Carbossimaltosio ferrico

 

Il carbossimaltosio ferrico si usa nella terapia dell’anemia da mancanza di ferro.

 

Che cos’è il carbossimaltosio ferrico?

Il carbossimaltosio ferrico opera facilitando a soddisfazione dei fabbisogni di ferro dell’organismo.

 

Come si prende il carbossimaltosio ferrico?

Il carbossimaltosio ferrico si assume tramite iniezioni.

 

Effetti collaterali del carbossimaltosio ferrico

Il carbossimaltosio ferrico può provocare serie reazioni allergiche.

 

Tra gli altri suoi eventuali effetti collaterali troviamo anche:

nausea

vomito

leggeri dolori, licidi o alterazioni del colore della cute sulla zona di iniezione

 

È fondamentale avvertire immediatamente un dottore in presenza di:

rash

orticaria

prurito

problemi respiratori

fiato corto

respiro sibilante

sensazione di oppressione o male al petto

gonfiore di bocca, viso, labbra o lingua

capogiri o senso di avere la testa leggera

svenimenti

battito cardiaco accelerato, rallentato o irregolare

febbre o brividi

vampate

male, arrossamenti o gonfiori alla zona di iniezione seri o continui

 

Controindicazioni e avvertenze

Il carbossimaltosio ferrico non è indicato in presenza di forme di anemia non provocate da mancanza di ferro e quando i livelli di ferro nel sangue sono alti.

Prima della terapia è fondamentale avvertire il dottore:

di probabili allergie al principio attivo, ai suoi eccipienti, a ogni altro medicinale (nello specifico a prodotti a base di ferro da somministrare tramite infusione in vena), a cibi o ad altre sostanze

dei farmaci, dei fitoterapici e degli integratori presi, nello specifico prodotti a base di ferro da prendere per via orale

se si soffre (o si ha sofferto) di disturbi epatici, porfiria o talassemia

in presenza di trasfusioni di sangue multiple

in presenza di gravidanza o allattamento

Il carbossimaltosio ferrico può compromettere le capacità di guidare o di manovrare macchinari pericolosi; questo effetto collaterale può aggravarsi consumando alcolici e certi medicinali. Inoltre può provocare pericolosi capogiri quando ci si alza; per questo è fondamentale prestare attenzione quando si passa da posizione sdraiata a posizione seduta o da quest’ultima alla posizione eretta e sedersi o sdraiarsi alle prime avvisaglie di giramenti di testa.

Cardiomiopatia dilatativa

Cardiomiopatia dilatativa

 

La cardiomiopatia dilatativa è una malattia che colpisce il muscolo cardiaco e che compromette la capacità del cuore di pompare efficientemente il sangue verso il resto dell’organismo.

Che cos’è la cardiomiopatia dilatativa?

La cardiomiopatia dilatativa è una patologia che colpisce in particolare il ventricolo sinistro, la parte del cuore che manda il sangue al resto dell’organismo tramite l’aorta. Si manifesta con un ingrossamento del ventricolo, correlato a una ridotta capacità di pompare il sangue (insufficienza cardiaca “sistolica” o “con bassa frazione di eiezione”). Nonostante in alcuni casi possa essere asintomatica, la cardiomiopatia dilatativa è una malattia che deve essere trattata in tempo, altrimenti si può arrivare a scompenso cardiaco, una sindrome caratterizzata dall’accumulo di liquidi nei polmoni (congestione polmonare), nell’addome, nelle gambe e nei piedi, insufficienza (ossia incontinenza) valvolare mitralica e/o tricuspidale secondaria alla dilatazione ventricolare, embolie, e aritmie che possono anche provocare morte improvvisa.

Da cosa può essere causata la cardiomiopatia dilatativa?

In molti casi non si può risalire alle cause dell’ingrossamento del cuore, per cui la cardiomiopatia dilatativa viene definita idiopatica. Il cuore può ingrossarsi per diversi motivi: mutazioni genetiche, difetti congeniti, infezioni, abuso di alcol o di sostanze stupefacenti, alcuni chemioterapici, esposizione a sostanze tossiche come il piombo, il mercurio e il cobalto, e malattie cardiovascolari come la cardiopatia ischemica e l’ipertensione arteriosa.

Con quali sintomi si manifesta la cardiomiopatia dilatativa?

Generalmente i sintomi della cardiomiopatia dilatativa sono quelli dello scompenso cardiaco oppure sono determinati da aritmie e possono comprendere pallore cutaneo, debolezza, facile faticabilità, respiro affannoso in condizione di sforzi a volte anche modesti o quando si è sdraiati, o si ha tosse secca persistente (in particolare da sdraiati), gonfiore addominale, delle gambe, dei piedi e delle caviglie, aumento improvviso di peso causato dalla ritenzione idrica, perdita di appetito, palpitazioni, capogiri o svenimenti.

Come prevenire la cardiomiopatia dilatativa?

È possibile ridurre il rischio di insorgenza di una cardiomiopatia dilatativa evitando il fumo, consumando alcol solo con moderazione, non facendo uso di sostanze stupefacenti, mantenendo il giusto peso e seguendo un regime alimentare sano ed equilibrato e un’attività fisica regolare adatta alle proprie condizioni di salute.

Diagnosi

In presenza dei sintomi di una possibile cardiomiopatia dilatativa il medico può prescrivere i seguenti esami:

Analisi del sangue: è possibile dosare il BNP (brain natriuretic peptide), che risulterà elevato in presenza di scompenso cardiaco; è possibile che si verifichino alterazioni degli indici di funzione epatica e renale, espressione della sofferenza di questi organi dovuta all’insufficienza cardiaca; nei casi più gravi sono presenti iposodiemia e anemia.

Radiografia del torace (RX torace): fornisce due importanti informazioni, la prima che riguarda le dimensioni del cuore e la seconda che interessa la presenza e il grado della congestione polmonare.

ECG: registra l’attività elettrica del cuore. Può presentare molteplici alterazioni, tra cui segni di pregresso infarto miocardico o segni di sovraccarico (affaticamento da “iperlavoro”) del ventricolo sinistro o aritmie.

Ecocardiogramma: è un test di immagine effettuato per visualizzare le strutture del cuore e il funzionamento delle sue parti mobili. Utilizzando una sonda appoggiata sulla sua superficie, l’apparecchio trasmette un fascio di ultrasuoni al torace e rielabora gli ultrasuoni riflessi che tornano alla stessa sonda dopo aver interagito in modo diverso con i vari elementi che compongono la struttura cardiaca (miocardio, valvole, cavità). Rappresenta l’esame cardine, in quanto consente di valutare le dimensioni e lo spessore delle pareti delle camere cardiache, la funzione contrattile (misurata con un parametro chiamato “frazione di eiezione”) e il funzionamento delle valvole, e di fare una valutazione della pressione polmonare.

Test da sforzo con consumo di ossigeno: l’esame è costituito dalla registrazione di un elettrocardiogramma nel momento in cui il paziente sta compiendo un esercizio fisico, solitamente mentre cammina su un tapis roulant o pedala su una cyclette; viene inoltre applicato un boccaglio per misurare i gas espirati. Per eseguire questo test vengono rispettati dei protocolli predefiniti. Consente di ricevere molteplici informazioni, tra cui le più importanti sono la resistenza all’esercizio del soggetto in esame e la comparsa di segni di ischemia sotto sforzo.

Coronarografia: è l’esame attraverso cui si possono visualizzare le coronarie effettuando un’iniezione di mezzo di contrasto radiopaco al loro interno. L’esame viene effettuato in un’apposita sala radiologica, nella quale vengono scrupolosamente seguite tutte le misure di sterilità necessarie. L’iniezione del contrasto nelle coronarie presuppone il cateterismo selettivo di un’arteria e l’avanzamento di un catetere fino all’origine dei vasi esplorati. Ha come scopo quello di escludere la presenza di una malattia coronarica significativa.

Cateterismo cardiaco: metodologia invasiva basata sull’introduzione di un piccolo tubo (catetere) in un vaso sanguigno; il catetere viene poi spinto fino al cuore e permette di acquisire informazioni importanti riguardo il flusso e l’ossigenazione del sangue e la pressione all’interno delle camere cardiache e delle arterie e delle vene polmonari. Viene utilizzato raramente; documenta un aumento delle pressioni di riempimento ventricolari e, nelle forme più gravi, riduzione della portata cardiaca (ossia della quantità di sangue pompata dal cuore) e ipertensione polmonare.

Biopsia endomiocardica: viene effettuata durante l’esecuzione del cateterismo cardiaco attraverso l’utilizzo di uno strumento chiamato biotomo. Di solito le biopsie si effettuano sul lato destro del setto interventricolare. Viene consigliata ai pazienti con cardiomiopatia dilatativa di recente riscontro e scompenso cardiaco “fulminante” per scoprire la presenza di miocardite e, nel caso, capire di che tipo sono le cellule che sostengono il processo infiammatorio, perché ciò ha un importante valore prognostico.

Risonanza magnetica (RM) cardiaca con mezzo di contrasto: vengono prodotte immagini dettagliate della struttura del cuore e dei vasi sanguigni tramite la registrazione di un segnale emesso dalle cellule sottoposte a un intenso campo magnetico. Fornisce le stesse informazioni dell’ecocardiogramma, ma permette una miglior valutazione del ventricolo destro e, in più, una valutazione della “struttura” del miocardio, portando così ad individuare la presenza di processi infiammatori e di aree di fibrosi (cicatrici).

TC cuore con mezzo di contrasto: è un esame di diagnostica basato su immagini che comporta l’esposizione a radiazioni ionizzanti. Fornisce informazioni analoghe a quella dell’RM. Utilizzando gli apparecchi attuali, se si somministra mezzo di contrasto per via endovenosa, si può ricostruire il lume coronarico e ottenere informazioni su eventuali restringimenti critici.

Indagini genetiche: vengono effettuate analizzando il DNA dei globuli bianchi che sono presenti in un campione di sangue ottenuto attraverso un comune prelievo venoso. In caso di cardiomiopatie dilatative familiari si può effettuare la ricerca delle mutazioni genetiche correlate allo sviluppo di cardiomiopatia dilatativa; se viene identificata una mutazione correlata allo sviluppo di cardiomiopatia dilatativa, si potrà poi procedere allo studio dei familiari “sani”: potranno essere rassicurati sul fatto che non svilupperanno la patologia gli individui per cui la ricerca della mutazione risulterà negativa.

Trattamenti

Quando si giunge a conoscere la causa della cardiomiopatia dilatativa, se possibile questa va rimossa o corretta. Indipendentemente dalla causa, si deve effettuare la terapia per l’insufficienza cardiaca, per migliorare i sintomi e aumentare la sopravvivenza. Attualmente la terapia per l’insufficienza cardiaca include:

Farmaci: ACE-inibitori/sartani, beta-bloccanti, anti-aldosteronici, diuretici, digossina.

L’impianto di un pacemaker (PM) biventricolari e/o un defribrillatore automatico (ICD).

Nei casi più gravi, refrattari ai trattamenti sopra indicati: l’impianto di dispositivi di assistenza ventricolare sinistra (LVAD) e/o il trapianto di cuore.

 

 

Cardiomiopatia ipertrofica

Cardiomiopatia ipertrofica

 

La cardiomiopatia ipertrofica è una condizione in cui il muscolo cardiaco diventa più spesso ed ipertrofico, in mancanza di dilatazione dei ventricoli.

Che cos’è la cardiomiopatia ipertrofica?

La cardiomiopatia ipertrofica può interessare uomini e donne in egual misura. Spesso non può neanche essere diagnosticata a causa dell’assenza di sintomi e in molti casi è possibile comunque condurre una vita normale. È possibile che si manifesti con: aritmie (che possono comportare una morte improvvisa), sintomi da ostruzione all’efflusso del sangue dal ventricolo sinistro (come vertigini e svenimenti), da scompenso cardiaco e da ischemia miocardica. Nelle cardiomiopatie ipertrofiche il ventricolo sinistro diventa meno elastico, per cui risulta avere una capacità ridotta di accogliere il sangue che proviene dai polmoni. La conseguenza è una riduzione della quantità di sangue pompata dal cuore (insufficienza cardiaca “diastolica” o “con conservata frazione di eiezione”): ciò determina i sintomi da scompenso cardiaco. È presente poi una disfunzione microvascolare che comporta ischemia miocardica, da cui possono derivare microinfarti; a ciò si possono forse attribuire i dolori al petto che spesso compaiono in questa patologia. La cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva si ha quando il setto che separa i due ventricoli diventa così spesso da ostruire l’efflusso del sangue dal ventricolo sinistro; ciò viene correlato a distorsione dell’apparato valvolare mitralico, che provoca incontinenza della valvola. In circa il 3% dei pazienti la cardiomiopatia ipertrofica si sviluppa in una forma dilatativa con scompenso cardiaco refrattario e prognosi infausta.

Da cosa può essere causata la cardiomiopatia ipertrofica?

In genere alla base della cardiomiopatia ipertrofica c’è una mutazione genetica, che comporta non solo l’ipertrofia miocardica, ma anche una disposizione anomala delle fibre muscolari cardiache.

Con quali sintomi si manifesta la cardiomiopatia ipertrofica?

Quando presenti, i sintomi della cardiomiopatia ipertrofica possono essere fiato corto, dolore al petto e svenimenti (soprattutto durante l’attività fisica o in caso di sforzi), vertigini, affaticamento e palpitazioni.

Come prevenire la cardiomiopatia ipertrofica?

Essendo una malattia ereditaria, non esistono metodi per prevenire la cardiomiopatia ipertrofica. Esiste un 50% di rischio che il figlio di un individuo affetto dal problema erediti la mutazione genetica alla sua base.

Diagnosi

Il medico può avere il sospetto della presenza di una cardiomiopatia ipertrofica se rileva un soffio al cuore nel corso di una visita medica.

Per avere ulteriore conferma della diagnosi si possono prescrivere le seguenti analisi:

Ecocardiogramma: è un test basato sull’immagine che visualizza le strutture del cuore e il funzionamento delle sue parti mobili. L’apparecchio trasmette un fascio di ultrasuoni al torace, utilizzando una sonda appoggiata sulla sua superficie, e rielabora gli ultrasuoni riflessi che tornano alla stessa sonda dopo aver interagito in modo diverso con le varie componenti della struttura cardiaca (miocardio, valvole, cavità). Rappresenta l’esame cardine: consente la valutazione dell’aumento di spessore delle pareti ventricolari e l’individuazione dell’eventuale ostruzione all’efflusso dal ventricolo sinistro provocata da un’eccesiva ipertrofia del setto interventricolare, nonché l’insufficienza mitralica che è correlata all’ostruzione; può evidenziare segni di disfunzione diastolica.

ECG: registra l’attività elettrica del cuore. Possono essere mostrate molteplici alterazioni, tra cui, in particolare, segni di ipertrofia ventricolare sinistra.

ECG dinamico secondo Holter: L’Holter è il monitoraggio prolungato nelle 24 ore dell’ECG. Può segnalare aritmie.

Cateterismo cardiaco: metodologia invasiva basata sull’introduzione di un piccolo tubo (catetere) in un vaso sanguigno; il catetere viene poi spinto fino al cuore e permette l’acquisizione di informazioni importanti sul flusso e sull’ossigenazione del sangue, e sulla pressione all’interno delle camere cardiache e delle arterie e delle vene polmonari. Viene effettuato di rado; documenta un aumento delle pressioni di riempimento del ventricolo sinistro, diretta conseguenza della sua ridotta elasticità, e può segnalare, nelle forme più avanzate, ipertensione polmonare.

Risonanza magnetica (RM) cardiaca con mezzo di contrasto: vengono prodotte immagini dettagliate della struttura del cuore e dei vasi sanguigni tramite la registrazione di un segnale emesso dalle cellule sottoposte ad un intenso campo magnetico. Consente la valutazione accurata dell’aumento di spessore delle pareti ventricolari e l’identificazione delle cicatrici (aree di “fibrosi”), conseguenza dei microinfarti.

Indagini genetiche: si effettuano analizzando il DNA dei globuli bianchi che sono presenti in un campione di sangue ottenuto tramite un normale prelievo venoso. Si può effettuare la ricerca delle mutazioni genetiche associate allo sviluppo di cardiomiopatia ipertrofica; nel caso venga identificata una mutazione correlata allo sviluppo di cardiomiopatia ipertrofica, sarà poi possibile studiare i familiari “sani”: potranno essere rassicurati sul fatto che non svilupperanno la patologia gli individui per cui la ricerca della mutazione risulterà negativa.

Trattamenti

Il trattamento della cardiomiopatia ipertrofica ha come obiettivi il miglioramento dei sintomi e, nei pazienti ad alto rischio, la prevenzione della morte cardiaca improvvisa.

I possibili approcci terapeutici includono:

L’assunzione di farmaci che migliorano il “rilassamento” del muscolo cardiaco e rallentano i battiti, come i beta-bloccanti, i calcio-antagonisti e alcuni antiaritmici.

L’intervento chirurgico per eliminare l’ostruzione all’efflusso del sangue dal ventricolo sinistro determinato dall’ispessimento del setto che separa i due ventricoli.

L’alcolizzazione del setto interventricolare per eliminare l’ostruzione all’efflusso del sangue dal ventricolo sinistro determinato dall’ispessimento del setto nei casi in cui non sia possibile l’intervento chirurgico; questa procedura prevede l’iniezione di alcool in un ramo delle coronarie che irrora la porzione di setto responsabile dell’ostruzione.

L’impianto di un defibrillatore automatico (ICD) nei pazienti ad alto rischio di morte cardiaca improvvisa.

In presenza di sintomi di scompenso cardiaco: diuretici, anti-aldosteronici.

In caso di scompenso cardiaco refrattario: trapianto cardiaco.