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Protesi dell’anca
Prima dell’intervento viene valutata la radiografia e programmata la pianificazione preoperatoria.
E’ in questa fase che il chirurgo sceglie definitivamente la protesi.
L’intervento viene praticato normalmente in anestesia peridurale, ma in relazione al caso è facoltà dell’anestesista la scelta della soluzione migliore.
La tecnica chirurgica si avvale anche dell’approccio mini-invasivo, con tagli cutanei piccoli e massimo rispetto dei muscoli.
La via di accesso all’anca è la postero-laterale che ha il vantaggio di risparmiare gli abduttori dell’anca (muscoli piccolo e medio gluteo), ma in alcuni casi particolari il chirurgo si avvale di altre vie di accesso.
L’intervento è seguito da una breve degenza in ospedale (in media 10 giorni): durante i primi due giorni di riposo a letto in posizione supina con cuscino divaricatore fra le gambe, vengono eseguiti esercizi di mobilizzazione passiva ed attiva.
In caso di necessità il paziente può stare in posizione eretta più precocemente (1 giorno).
È importante nella fase postoperatoria un relativo “isolamento” del paziente per evitare infezioni; ciò vuol dire visite rare e programmate dei parenti.
Tecarterapia
Che cos’è?
La Tecarterapia, nota anche come Tecar, diffusa soprattutto in ambito fisioterapico, è un metodo di cura non invasivo che si basa sull’utilizzo di radiofrequenze in grado di stimolare risposte biologiche nei tessuti, sia superficiali che profondi.
Essa permette un più veloce recupero da traumi e patologie infiammatorie dell’apparato muscolo-scheletrico, da lesioni tendinee, tendiniti, borsiti, distrazioni legamentose e problemi articolari.
La Tecarterapia è utilizzata anche nei programmi riabilitativi post-operatori, come per esempio dopo gli interventi chirurgici per l’inserimento di una protesi.
Le zone anatomiche del corpo umano che meglio si prestano al trattamento tramite Tecar sono ginocchio, spalla, anca, caviglia, piede, mano, polso e colonna vertebrale.
Come avviene il trattamento?
La Tecar consiste in un massaggio particolare, praticato tramite uno strumento capace di stimolare la produzione di calore da parte del soggetto in cura e di ridurre il dolore, e laddove ci sia un danno essa accelera la riparazione dei tessuti.
Gli effetti prodotti dalla Tecarterapia, sono tre e consistono:
- nell’incremento del microcircolo
- nell’incremento della temperatura interna.
- nella vasodilatazione.
Magnetoterapia
Che cos’è?
La magnetoterapia è un metodo di terapia fisica esclusivamente a fini terapeutici e curativi, che si avvale dell’utilizzo di onde elettromagnetiche per stimolare la rigenerazione dei tessuti e ripristinare l’equilibrio biochimico cellulare.
Questo tipo di trattamento è utilizzato per trattare problemi sia post traumatici che cronici, come ad esempio il mal di schiena.
Tra le patologie che possono essere curate con la magnetoterapia rientrano: fratture ossee, osteoporosi, dolori articolari, dolori muscolari, artrosi, artrite reumatoide non in fase acuta, algodistrofia, lesioni della cartilagine articolare e fibromialgia.
Come avviene il trattamento?
Il corpo del paziente è esposto a magneti che creano il campo magnetico da infondere grazie all’energia prodotta dal computer e trasportata dai cavi di collegamento.
I magneti possono essere:
- a bassa frequenza per favorire l’assimilazione del calcio, rinforzare l’apparato scheletrico e proteggerlo da problemi come l’osteoporosi
- ad alta frequenza per favorire la circolazione sanguigna e ridurre gli stati infiammatori, allo scopo finale di alleviare la sensazione dolorosa.
La scelta della frequenza dipende dalla condizione di salute del paziente.
In genere, i magneti per la magnetoterapia hanno l’aspetto di piastre rettangolari forniti di una porzione in velcro, quest’ultimo permette loro di applicarli su particolari fasce, che fungono da bendaggi per la zona anatomica da trattare.
Esistono tanti tipi di fasce a seconda dell’uso, alcune sono più specifiche per eseguire la magnetoterapia sul collo, altre per effettuare la magnetoterapia sulla spalla e così via.
Laserterapia
Che cos’è?
Si tratta di un trattamento molto diffuso in fisioterapia, dai riconosciuti effetti terapeutici, utilizzato a scopo antinfiammatorio e antidolorifico.
La laserterapia ha quindi una triplice funzione:
- riduzione dell’infiammazione
- sollievo dal dolore
- accelerazione della rigenerazione tissutale.
Il medico può prescrivere questo specifico trattamento in presenza di numerose condizioni: artrosi del ginocchio, dell’anca e della caviglia, borsite dell’anca o della spalla, degenerazione del disco lombare, ernia del disco, sciatica, tendinite, gomito del tennista, ecc.
Come avviene il trattamento?
Il laser (Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation) non emette calore, suoni o vibrazioni, ma una radiazione elettromagnetica, che sprigiona un’energia visibile ai nostri occhi, come un’onda luminosa che agisce su quella che viene chiamata “biostimolazione”, la quale influisce sulla funzione delle cellule del tessuto connettivo accelerandone la riparazione.
La laserterapia è quindi una tecnica terapeutica che, applicata sulla nostra cute, si avvale di questa energia per innescare sulla membrana cellulare delle cellule del nostro organismo un cambiamento biochimico che conduce verso la riduzione e l’eliminazione del dolore.
La laserterapia è una tecnica non invasiva e indolore. Infatti, l’unica sensazione che il paziente può avvertire è quella di un leggero calore sulla cute, che però non causa scottature o lividi.
Trattamento chirurgico percutaneo
Che cos’è il trattamento chirurgico percutaneo?
Il trattamento chirurgico percutaneo consente di ottenere gli stessi risultati dell’approccio chirurgico classico, alleviando il disagio dovuto all’insorgere dell’alluce valgo e restituendo al dito la giusta posizione, in modo meno invasivo e con tempi di recupero post-operatori molto più brevi.
La procedura percutanea – mediante appositi strumenti e sotto la guida di immagini radioscopiche – permette di operare direttamente sull’osso attraverso forellini effettuati nella cute.
Riabilitazione vascolare angiologica
La riabilitazione vascolare angiologica sottopone il paziente a cicli riabilitativi che riguardano le arterioptie obliteranti periferiche ed il linfedema.
Monitoraggio Cardiopolmonare
Il monitoraggio Cardiopolmonare Completo (MCPC) è un esame non invasivo, riproducibile e di elevata resa diagnostica. Viene eseguito nel corso del sonno, a domiclio del paziente, ed in varie modalità: aria ambiente, ossigeno, ventilazione CPAP, ventilazione non invasiva (NIV). E’ indispensabile per la diagnosi e per una valutazione terapeutica dell’Apnea Ostruttiva nel sonno (OSA), dell’Insufficienza respiratoria latente (riduzione della saturazione dell’ossiemoglobina) in pazienti con BPCO, Enfisema polmonare, Fibrosi polmonare, Obesità grave, malattie Neuromuscolari, Insufficienza cardiaca cronica.
Protesi totale e monocompartimentale del ginocchio
Le protesi monocompartimentali sono protesi del ginocchio di piccole dimensioni, destinate a rivestire solo la parte usurata.
Queste protesi sono dette mininvasive perché si impiantano attraverso incisioni di pochi centimetri, evitando così un’esposizione eccessiva dell’articolazione riducendo così i rischi per il paziente, ottimizzando il controllo del dolore e consentendo quindi una riabilitazione più rapida.
In genere i pazienti sono in grado di alzarsi e camminare con l’aiuto delle stampelle già dal giorno stesso o successivo all’intervento e, dopo un breve periodo di riabilitazione, possono riprendere le attività quotidiane come guidare l’auto.
Vista la poca invasività, questo tipo di intervento prevede un ricovero breve di massimo 3-4 giorni.
Nel caso in cui l’usura coinvolga però più di un compartimento del ginocchio, si parla di artrosi “bi-tricompartimentale”, patologia per cui è indicato l’utilizzo di protesi articolari “totali”.
Rispetto alla protesi monocompartimentale, il recupero post-operatorio è più lento a causa di un’incisione chirurgica più estesa.
Il paziente viene comunque verticalizzato e potrà camminare già dalla prima giornata post-operatoria, ritornando alle attività quotidiane entro 45 giorni dall’intervento.
Anche in questo caso è previsto un ricovero breve di 4-5 giorni durante i quali il paziente viene reso progressivamente autonomo nella deambulazione e istruito sugli esercizi riabilitativi da compiere a domicilio.
Artroscopia
Che cos’è la chirurgia artroscopica?
La chirurgia artroscopica è una procedura chirurgica mini-invasiva con cui si interviene all’interno delle articolazioni senza la necessità di operare a cielo aperto. Questa tecnica viene eseguita eseguendo incisioni cutanee di 4 millimetri e introducendo nell’articolazione (ginocchio, spalla, caviglia) uno strumento, chiamato appunto artroscopio.
L’artroscopio altro non è che una telecamera che, grazie a un cavo a fibre ottiche, consente di illuminare e proiettare in un monitor l’interno dell’articolazione.
In questo modo il chirurgo in sala operatoria è in grado, grazie all’utilizzo di strumenti dedicati, di trattare le lesioni articolari del paziente.
La preparazione all’operazione
In genere, l’ingresso del paziente in ospedale per l’operazione avviene la mattina stessa dell’intervento chirurgico dopo aver eseguito qualche giorno prima gli esami di prericovero (elettrocardiogramma, esami ematochimici, visita anestesiologica).
L’intervento
L’intervento in artroscopia viene generalmente eseguito in anestesia loco-regionale e ha una durata che può variare da 5 minuti a un’ora e mezzo circa, in base alla patologia da trattare.
Dopo l’intervento il paziente rimarrà per un breve periodo sotto osservazione, per poi essere dimesso il giorno stesso dell’intervento o al massimo il giorno dopo.
Per quanto riguarda la ferita chirurgica, infine, vengono generalmente utilizzati punti riassorbibili. A seconda del tipo di intervento, la medicazione deve essere rinnovata una o al massimo 2 volte dopo l’intervento chirurgico; la ferita non deve essere bagnata né sporcata fino alla completa guarigione della stessa.
La presenza di liquidi e macchie sul cerotto nei giorni immediatamente successivi all’intervento è normale, mentre è bene contattare il medico se si avvertono formicolii, intorpidimenti, febbre, dolore importante e preoccupanti sudorazioni.
Qualche accorgimento per il decorso post-operatorio e il recupero
Una volta dimesso, al paziente vengono prescritti farmaci analgesici e anti-infiammatori da assumere per via orale.
Fondamentale, durante le prime 48 ore successive all’intervento, è agire su gonfiore e fastidio dell’area trattata chirurgicamente anche grazie a impacchi freddi.
Per recuperare al 100% la funzionalità dell’arto operato, oltre ai farmaci e alla cura della medicazione, è importante la ginnastica riabilitativa. Per arrivare a una riparazione completa dei tessuti servono diverse settimane.