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Tumore della mammella

Il tumore della mammella può essere di natura benigna o maligna. Il tumore maligno colpisce circa una donna su 10 ed è una malattia curabile con un’altissima percentuale di guarigione completa. 
La diagnosi precoce e l’approccio multidisciplinare hanno contribuito non poco all’aumento del numero di donne guarite da questa malattia oggi curabilissima.
Il chirurgo senologo, il chirurgo plastico, l’oncologo medico, l’oncologo radioterapista, il radiologo dedicato alla senologia, l’anatomo-isto-patologo, il medico nucleare interagendo tra loro, formano un’equipe multidisciplinare fondamentale per la prevenzione, la diagnosi e la cura del tumore maligno della mammella.
La malattia tumorale della mammella nella maggioranza dei casi non presenta nessun segno o sintomo, pertanto la prevenzione assume un ruolo importantissimo per scoprire in fase iniziale la malattia e curarla con successo. In alcuni casi, però, si manifesta con dei segni che non devono essere sottovalutati.

La prevenzione

  • > 25 anni, visita clinica annuale (associata ad ecografia mammaria a discrezione del senologo)
  • 25 – 35 anni, oltre alla visita clinica annuale, ecografia mammaria ogni 2 anni
  • 35 – 40 anni, oltre alla visita ed all’ecografia, almeno una mammografia di base
  • > 40 anni, visita senologica con mammografia ed ecografia mammaria ogni 12-18 mesi.

Segni e sintomi

  • Secrezione dal capezzolo
  • Retrazione del capezzolo
  • Rossore ed ispessimento della pelle della mammella
  • Nodulo mammario o ascellare.

In presenza di lesioni sospette cliniche e strumentali, prima della terapia bisogna fare la diagnosi istologica con l’effettuazione di ago-biopsia ecoguidata mediante “tru-cut” o di biopsia mammografica stereotassica “vacuum assisted”; in casi particolari è necessario sottoporsi a Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) delle mammelle.

Il trattamento

Il trattamento chirurgico comprende:

  • la quadrantectomia con la conservazione della mammella (chirurgia conservativa) che può prevedere dei gesti plastici di rimodellamento sulla stessa mammella ma talvolta anche sulla mammella controlaterale, allo scopo di raggiungere un migliore risultato estetico (chirurgia oncoplastica);
  • la mastectomia (chirurgia ablativa) con l’ablazione completa della mammella ed eventuale ricostruzione o con la conservazione della pelle (skin-sparing mastectomy) e del complesso areola-capezzolo (nipple-areola sparing mastectomy) e ricostruzione immediata. La ricostruzione viene attuata con l’ausilio di impianti protesici in silicone (espansori e protesi) e, in casi particolari, con l’uso di lembi muscolo-cutanei di rotazione o lembi DIEP.

L’uso della tecnica chirurgica viene indicato dal tipo e dal numero di noduli tumorali presenti nella mammella. Oggi la linfoadenectomia ascellare, cioè la rimozione di tutti i linfonodi dell’ascella, è riservata solamente nei casi di presenza di metastasi ad uno o più linfonodi ascellari. Per rivelare la presenza di metastasi nei linfonodi dell’ascella si esegue la biopsia del linfonodo sentinella identificato preventivamente con l’uso di radiotraccianti.

Il trattamento medico consiste nell’ormonoterapia cioè l’assunzione di una compressa al giorno per 5 anni oppure nella chemioterapia che prevede l’uso di uno o più farmaci in associazione tra loro somministrati secondo cicli variabili in base al tipo istologico del tumore seguiti o meno dall’ormonoterapia. Infatti i tumori non sono tutti uguali. 

Il trattamento radioterapico si attua sempre dopo una terapia chirurgica conservativa ma in alcuni casi anche dopo mastectomia e consiste nell’irradiare con fasci di particelle accelerate (fotoni o elettroni) il tessuto mammario residuo per evitare il ritorno della malattia.

Tumore della Prostata

Il tumore della prostata è uno dei più comuni tra gli uomini, e il rischio è direttamente correlato all’età: se a 50 anni circa 1 uomo su 4 presenta cellule cancerose nella prostata, a 80 anni questa condizione riguarda 1 uomo su 2. Un ingrossamento di questa ghiandola (che in condizioni normali ha le dimensioni di una noce) non è necessariamente indice della presenza di un tumore: si può infatti avere una proliferazione fisiologica del tutto benigna e, anche in caso di presenza di cellule maligne, la crescita può essere così lenta da non costituire un pericolo. Il tumore alla prostata cresce in genere lentamente, senza diffondersi al di fuori della ghiandola. Esistono tuttavia anche forme più aggressive, nelle quali le cellule malate invadono rapidamente i tessuti circostanti e si diffondono anche ad altri organi.

Fattori di rischio
I fattori che possono aumentare il rischio di tumore alla prostata sono:

  • Età: questo tumore è più comune dopo i 65 anni
  • Presenza in famiglia di altri casi
  • Obesità
  • Dieta ricca di grassi saturi
  • Gli uomini appartenenti alla comunità afroamericana sono più a rischio degli altri, anche se le cause di questa differenza sono sconosciute

Prevenzione

Controllare il peso e limitare il consumo di grassi, soprattutto di quelli saturi (carni grasse di origine animale e formaggi) costituisce la sola forma di prevenzione di questo tumore. Una diagnosi precoce può essere effettuata attraverso la misurazione del PSA, un antigene prostatico specifico, con una semplice analisi del sangue da effettuare regolarmente dopo i 50 anni di età.

Come posso diagnosticarlo con certezza?

Solo la biopsia prostatica (asportazione di frammenti di tessuto prostatico che vengono sottoposti ad esame istologico) può fornire la diagnosi di certezza.

In Humanitas Istituto Clinico Catanese si effettua, oltre la biopsia prostatica tradizionale (mapping prostatico), la biopsia con metodologia “FUSION”. Tale metodica consiste nella fusione di immagini di Risonanza Magnetica e di Ecografia transrettale; tale fusione permette di guidare i prelievi solo sulle zone sospette, evitando biopsie multiple, riducendo così il numero di punture intraprostatiche e quindi di mirare con altissima precisione il punto esatto in cui si trova e cresce il tumore.

Tumore del polmone

In Humanitas oncologi, chirurghi toracici, radioterapisti, anatomopatologi, pneumologi e specialisti di altre discipline mediche uniscono le loro conoscenze ed esperienze al fine di selezionare il trattamento (o i trattamenti) più appropriati ad ogni singolo paziente. Le opzioni terapeutiche vengono valutate in funzione del tipo istologico e dell’estensione di malattia, oltre che delle condizioni cliniche generali del paziente, e comprendono la chirurgia, la radioterapia, la chemioterapia, l’uso di nuovi farmaci a bersaglio molecolare (biologici) o una combinazione di questi trattamenti. E’ possibile che al paziente venga offerta la possibilità di partecipare a protocolli di ricerca clinica.

Chirurgia

La chirurgia per il trattamento del cancro del polmone non a piccole cellule può essere eseguita tramite diverse procedure:

  • resezione cuneiforme: asportazione di una piccola porzione di polmone, effettuabile anche con tecnica mini-invasiva (toracoscopia).
  • resezione segmentale o segmentectomia: asportazione di un segmento (parte di un lobo) di polmone.
  • lobectomia: asportazione di un intero lobo di polmone. Il polmone destro ha tre lobi, mentre il sinistro ne ha due. La lobectomia associata all’asportazione dei linfonodi è il tipo più comune di chirurgia per il carcinoma polmonare.
  • resezione con plastica bronchiale: viene effettuata per tumori endobronchiali o a cavallo fra due lobi polmonaria. E’ una tecnica che permette di risparmiare interi lobi polmonari garantendo la radicalità oncologica, con conseguenti grandi benefici per il paziente.
  • pneumonectomia: asportazione di tutto il polmone.
  • chirurgia mini-invasiva: può essere utilizzata, in casi selezionati, per eseguire gli interventi di resezione plomonare per via toracoscopica.

Radioterapia

La radioterapia per il cancro del polmone viene effettuata principalmente tramite irradiazioni a fasci esterni. I radioterapisti elaborano un piano di trattamento personalizzato per ciascun paziente in base allo stadio del tumore e allo stato di salute generale del paziente. I trattamenti possono essere somministrati in combinazione con la chirurgia (prima o dopo) e in contemporanea o successivamente alla chemioterapia.

I progressi nelle tecniche radiologiche, come la TAC e la PET, offrono ai radioterapisti modalità più precise per localizzare i tumori: ciò permette di somministrare una dose massima di radiazioni orientate al tumore da angolazioni diverse, causando meno danni ai tessuti circostanti. La radioterapia stereotassica corporea (SBRT) è una tecnica che concentra con estrema precisione tanti fasci di radiazioni su un tumore. Si è dimostrata molto efficace nella distruzione di piccoli noduli, riducendo al minimo il danno al tessuto sano circostante. Questa terapia viene utilizzata principalmente per pazienti con tumori piccoli che non sono candidati alla chirurgia per la presenza di altre patologie concomitanti.

Chemioterapia

La chemioterapia è una forma di terapia farmacologica che viene comunemente somministrata per via endovenosa. I farmaci chemioterapici attivi nel carcinoma polmonare sono molteplici e possono essere somministrati in combinazione fra loro o in alcuni casi singolarmente. La chemioterapia può essere utilizzata in varie fasi della malattia.

Sulla base della stadiazione del tumore, ossia in base al coinvolgimento o meno di organi a distanza o linfonodi regionali, si stabilisce l’indicazione ad effettuare un trattamento chemioterapico. Si parla di trattamento “adiuvante” o precauzionale nel caso in cui la chemioterapia venga effettuata dopo un intervento chirurgico radicale con l’obiettivo di ridurre il rischio di recidiva della malattia. Nel caso in cui il tumore, invece, non sia operabile dall’inizio a causa dell’estensione della lesione principale o per il coinvolgimento dei linfonodi, la chemioterapia può essere effettuata in fase “neoadiuvante”, ossia prima della chirurgia con l’obiettivo di ridurre le dimensioni del tumore e permettere un intervento più conservativo.

Nella malattia localmente avanzata (forme di tumore non metastatico, ma non suscettibile di trattamento chirurgico) la chemioterapia può essere somministrata contemporaneamente alla radioterapia aumentandone l’efficacia. Infine, nei casi in cui il tumore abbia già coinvolto organi a distanza come ad esempio le ossa, il fegato, etc, la chemioterapia viene effettuata come trattamento esclusivo con l’obiettivo di rallentare l’evoluzione della malattia e migliorare la qualità di vita. 
Negli ultimi anni è emersa l’importanza della definizione istologica nella scelta del chemioterapico da utilizzare. Vari studi hanno dimostrato che la superiorità di alcuni chemioterapici sui vari istotipi (adenocarcinoma o carcinoma squamoso) sia legata all’espressione o meno di proteine sulle cellule tumorali. Ad esempio la timidilato sintetasi (proteina coinvolta nella sintesi del DNA e bersaglio di farmaci come pemetrexed) è maggiormente espressa nei carcinomi squamosi che pertanto non hanno beneficio da farmaci come il pemetrexed. I medici di Humanitas valutano inoltre l’efficacia di nuovi farmaci potenzialmente attivi nel carcinoma polmonare nell’ambito di protocolli di ricerca clinica.

Terapie biologiche

Le terapie biologiche sono forme di trattamento utilizzate per neutralizzare l’attività di proteine alterate nelle cellule tumorali o nel microambiente che le circonda. La terapia biologica più frequentemente utilizzata nel tumore polmonare è rivolta contro il recettore per il fattore di crescita epidermico (EGFR), e viene somministrata per via orale (gefitinib, erlotinib). Negli ultimi anni è stato dimostrato che la presenza di mutazioni attivanti a carico dell’EGFR rende particolarmente sensibile il tumore a tali farmaci biologici che agiscono bloccando l’attivazione del recettore. Un altro agente biologico utilizzato in casi selezionati in associazione a chemioterapia contenente platino è bevacizumab, un anticorpo monoclonale diretto contro il fattore di crescita dell’endotelio vascolare (VEGF). In Humanitas sono disponibili metodiche di analisi del DNA tumorale (studio di mutazione del gene EGFR) che consentono di verificare la sensibilità del paziente a tale trattamento.

Terapia laser

La terapia laser è efficace nel trattamento del cancro del polmone che interessa i bronchi. Nei tumori a uno stadio molto iniziale, questo trattamento può eliminare il tumore. Nei casi più avanzati, la terapia laser è impiegata per ridurre i sintomi del blocco bronchiale.

Tumore dell’ovaio

Il trattamento del Tumore dell’ovaio

Il Tumore dell’ovaio viene trattato principalmente mediante approccio laparotomico volto alla eradicazione (asportazione) completa della malattia in una sola sessione chirurgica; questo approccio chirurgico viene definito come ultra- radicale. Per tale patologia infatti l’indicazione ad un approccio mini- invasivo risulta oggi limitata anche se sempre più considerata nei centri di riferimento.

Tumore del colon retto

La chirurgia è la più frequente forma di trattamento del cancro colorettale. I chirurghi di Humanitas hanno grande esperienza sia nella tecnica chirurgica tradizionale che in quella mini-invasiva su base laparoscopica. La mucosectomia endoscopica, di recente introduzione nella pratica clinica, consente la rimozione dei tumori più superficiali, limitati alla mucosa. La chemioterapia ha un ruolo nel prevenire le recidive post-chirurgiche e nel trattamento della malattia avanzata metastatica. La radioterapia, che in Humanitas dispone di competenze e attrezzature di eccellenza, trova ruolo nel trattamento preoperatorio o palliativo.

Chirurgia

La chirurgia è la forma più frequente ed efficace di trattamento del cancro colorettale. I chirurghi di Humanitas hanno grande esperienza sia nella tecnica chirurgica tradizionale che in quella mini-invasiva su base laparoscopica.
La tecnica laparoscopica, che sostituisce alle ampie incisioni addominali piccoli fori attraverso i quali viene eseguito l’intervento, per quanto riguarda il carcinoma del colon ha ormai dimostrato la sua assoluta validità in termini di radicalità oncologica a fronte di un significativo miglioramento del recupero postoperatorio (meno dolore, minori complicanze, degenza più breve). Il recupero dopo l’intervento chirurgico è ulteriormente favorito dall’adozione di protocolli di gestione perioperatoria integrati, in grado di ridurre l’impatto della procedura sull’equilibrio fisiologico del paziente. L’ulteriore frontiera della chirurgia mini-invasiva è rappresentata dall’uso della tecnologia robotica, presente in Humanitas e già utilizzata in varie discipline, la cui applicazione risulta promettente soprattutto per il trattamento dei tumori del retto.
Nel caso di polipi di grandi dimensioni situati nella parte terminale del retto e/o di piccoli tumori in stadio iniziale e non asportabili con la tecnica endoscopica, in Humanitas viene effettuata anche l’asportazione transanale con tecnica endoscopica microchirurgica (TEM) che consente la rimozione di queste neoformazioni con un elevato indice di sicurezza. Inoltre, la presenza di équipes dedicate alla chirurgia colorettale e alla chirurgia epatica consente di garantire i migliori standard di trattamento per i pazienti affetti da carcinoma colorettale che presentano una diffusione della malattia al fegato, con possibilità di eseguire procedure combinate nel corso di un unico intervento o comunque di pianificare la strategia terapeutica più opportuna. Nell’ambito della chirurgia del fegato, ad esempio, vengono utilizzate tecniche di resezione guidate dall’ecografia intraoperatoria che consentono il massimo risparmio di tessuto epatico con riduzione del rischio operatorio.
Grande importanza viene attribuita all’approccio multidisciplinare integrato fra chirurgi, oncologi e radioterapisti, che riveste un ruolo fondamentale in particolare per il tumore del retto, dove costituisce lo standard di trattamento.

Mucosectomia endoscopica

In Humanitas operano endoscopisti esperti in questa recentissima tecnica, indicata solo per tumori estremamente superficiali (cosiddetti T1A o tumori intramucosi). Nel corso di una colonscopia, previa iniezione di un liquido nella sottomucosa, si genera un cuscinetto che solleva il tumore dalla sottomucosa e, successivamente, consente l’asportazione in toto del tumore con tecnica simile a quella della polipectomia.

Chemioterapia

Il trattamento medico, chemioterapico e/o immunoterapico, viene utilizzato per la cura dei tumori del colon-retto in diverse fasi della malattia. I farmaci oggi disponibili sono molteplici e possono essere usati singolarmente o, molto più spesso, in associazione tra loro. Sulla base della stadiazione anatomo-patologica del tumore eseguita sul pezzo chirurgico, viene stabilita l’indicazione o meno ad effettuare una chemioterapia postoperatoria allo scopo di ridurre il rischio di una recidiva del tumore. 
Nei casi in cui il tumore sia già diffuso al fegato (la sede più comune di metastasi) al momento della diagnosi, la chemioterapia, eventualmente associata all’immunoterapia con nuovi farmaci biologici, viene spesso somministrata prima di altri trattamenti, con l’intento di far regredire o stabilizzare le lesioni nel fegato fino a consentirne l’asportazione chirurgica. 
La chemioterapia e/o l’immunoterapia con nuovi farmaci biologici vengono inoltre impiegate nella fasi avanzate, in presenza di metastasi, con l’obiettivo di rallentare l’evoluzione della malattia. 
Per stabilire se i nuovi farmaci biologici, che agiscono in modo diverso rispetto ai chemioterapici tradizionali, siano efficaci o meno in un singolo paziente, può essere indicato eseguire indagini molecolari sul materiale istologico ottenuto con l’intervento chirurgico o con una biopsia. Numerosi studi dimostrano infatti che le persone il cui tumore presenta la mutazione di un gene particolare detto KRAS non rispondono ad alcuni farmaci antitumorali mirati. Con l’esame della mutazione del gene di KRAS si evita così di somministrare ai pazienti che rientrano in questo gruppo regimi di trattamento da cui non trarrebbero alcun beneficio.
I medici di Humanitas valutano inoltre l’efficacia di nuovi farmaci potenzialmente attivi nel trattamento dei tumori del colon-retto nell’ambito di protocolli di ricerca clinica.

Radioterapia

La radioterapia nei tumori del retto è indicata prima dell’intervento chirurgico, allo scopo di effettuare un intervento chirurgico che conservi la funzione dell’organo interessato. Inoltre può essere effettuata dopo l’intervento allo scopo di sterilizzare la sede dove era presente il tumore prima di essere rimosso.
Spesso il trattamento radiante viene associato alla chemioterapia per potenziarne l’effetto terapeutico sia in fase preoperatoria che in fase post-operatoria.

 

Mieloma multiplo

Quali sono i trattamenti per il mieloma multiplo?

Sebbene non esista una cura, numerosi trattamenti efficaci possono prolungare la sopravvivenza e migliorare enormemente la qualità della vita dei pazienti. Per i pazienti affetti da mieloma multiplo asintomatico, non vi è indicazione ad alcun trattamento: in questi casi, il paziente è soggetto a controlli frequenti per verificare l’eventuale evoluzione in mieloma multiplo sintomatico. Le scelte terapeutiche iniziali dipendono essenzialmente dall’età del paziente, da alcune caratteristiche cliniche e dalla presenza di comorbidità.

Pazienti non idonei al trapianto

I pazienti non idonei al trapianto di cellule staminali ricevono in genere una terapia di combinazione tra farmaci chemioterapici e farmaci biologici quali melfalan, prednisone, thalidomide, bortezomib, e (in un futuro non lontano) lenalidomide.

Pazienti candidati al trapianto

I pazienti candidati al trapianto vengono inizialmente sottoposti ad un trattamento con nuovi farmaci per consentire di eliminare la maggior parte delle cellule neoplastiche. In seguito, si raccolgono le cellule staminali dal sangue periferico del paziente, tramite una procedura di leucaferesi.

Trapianto di cellule staminali

Il trapianto di cellule staminali (o terapia con cellule staminali autologhe, vedi: trapianto di midollo osseo) comporta la reinfusione dei progenitori ematopoietici del paziente stesso (cellule staminali autologhe ) per rendere possibile una chemioterapia a dosaggio molto elevato. Anche se il trapianto di cellule staminali non è in grado attualmente di guarire il mieloma, influenza la sopravvivenza dei pazienti. Per ciascun paziente idoneo vengono raccolte un numero di cellule staminali sufficienti per effettuare due trapianti. I pazienti che non rispondono del tutto a un primo trapianto possono così sottoporsi ad un secondo; chi invece ottiene una risposta ottima o completa con il trapianto iniziale viene tenuto sotto osservazione o, talvolta, invitato a partecipare ad un protocollo di ricerca clinica volto a studiare la terapia di mantenimento. L’opzione di un secondo trapianto viene tenuta di scorta in caso di recidiva.

Trattamento del mieloma recidivato

Quasi tutti i pazienti affetti da mieloma sono destinati ad avere una recidiva. Se questa si presenta a distanza di più di sei mesi dall’interruzione della terapia, di solito si riprende il regime chemioterapico iniziale. Si può raccomandare il trapianto a quei pazienti per i quali sono già state raccolte e conservate le cellule staminali. I farmaci consigliati variano in base alla gravità della recidiva. In Humanitas sono in corso numerosi protocolli di ricerca clinica con nuovi farmaci per i pazienti la cui malattia non ha risposto ai trattamenti standard. Un paziente giovane con mieloma recidivato può anche essere avviato a un programma di trapianto allogenico da fratello/sorella compatibile oppure da donatore volontario (vedi: trapianto di midollo osseo).

Trattamento delle complicanze del mieloma

In caso di fratture ossee, può essere necessario un intervento chirurgico. Per prevenire ulteriori danni alle ossa, tutti i pazienti con mieloma seguono un trattamento con bifosfonati. In caso di dolore osseo dovuto alla presenza di malattia nelle vertebre, è possibile iniettare nel corpo vertebrale sostanze cementanti (vertebroplastica o cifoplastica): la scomparsa del dolore è in genere rapida e può durare a lungo.

I pazienti con compressione del midollo spinale possono essere trattati con steroidi, radiazioni o, raramente, con la chirurgia. L’ipercalcemia (eccesso di calcio nel sangue in concentrazioni patologiche) rappresenta spesso una vera urgenza medica, ma può essere prontamente trattata con idratazione e steroidi e somministrazione di bisfosfonati. Si possono inoltre prescrivere farmaci aggiuntivi per trattare il danno renale e l’anemia o per prevenire le infezioni.

 

Linfoma non Hodgkin

Quali sono le terapie per il linfoma non Hodgkin?

Gli specialisti di Humanitas hanno una vasta esperienza nel trattamento della malattia con le metodiche più avanzate di chemioterapia, terapie biologiche, radioterapia e trapianto di cellule staminali periferiche o di midollo osseo, oltre che con cure innovative come le terapie biologiche e la radioimmunoterapia.

La scelta della terapia dipende dal tipo e dallo stadio del linfoma non-Hodgkin, dall’età del paziente e dal suo stato di salute generale. In quanto centro di riferimento nazionale per la ricerca sui linfomi, Humanitas è leader nello sviluppo di nuove terapie per il linfoma non Hodgkin. Vengono condotti numerosi protocolli di ricerca clinica che possono rivelarsi appropriati per i pazienti che non rispondono ai trattamenti standard.

Malattia in stadio iniziale (I-II)

Il paziente affetto da linfoma indolente in stadio iniziale (ossia con malattia localizzata da un lato del diaframma) viene generalmente sottoposto a radioterapia con l’applicazione di radiazioni in dosi adatte per distruggere le cellule neoplastiche. Il paziente affetto da linfoma aggressivo in stadio iniziale, invece, a meno di gravi comorbidità, viene sottoposto ad una breve chemioterapia (3 cicli) associata ad anticorpo monoclonale (rituximab) se la malattia è derivata dai linfociti B, e viene successivamente sottoposto a radioterapia di consolidamento sulla/e sede/i di malattia.

Malattia in stadio avanzato (III-IV)

Il paziente affetto da linfoma indolente in stadio avanzato non sempre necessita di un trattamento immediato: se la malattia non mostra segni clinici di rapida evoluzione, si può rimandarne l’inizio monitorando regolarmente il paziente. In caso contrario vengono effettuati da 6 a 8 cicli chemioterapia, sempre associata a rituximab se il linfoma è di derivazione B-linfocitaria. Il paziente affetto da linfoma aggressivo a uno stadio avanzato viene sottoposto a 6-8 cicli di chemioterapia (sempre associata a rituximab per i linfomi B) da iniziarsi in tempi piuttosto rapidi. Nella scelta della chemioterapia vengono utilizzate combinazioni di farmaci, somministrati tramite iniezione endovenosa, per distruggere le cellule tumorali che crescono rapidamente. Esistono anche farmaci da assumere per via orale, che tuttavia vengono oggi riservati a pazienti anziani o con altre patologie concomitanti che rendono troppo rischiosa la somministrazione della terapia endovenosa. I linfomi aggressivi possono insorgere anche primitivamente in sedi extranodali uniche, ad esempio il cervello, e in questo caso richiedere trattamenti chemioterapici dedicati e radioterapia aggiuntiva.

Recidiva

Il trattamento standard della recidiva prevede, in pazienti fino a 65-70 anni di età e in buone condizioni, la chemioterapia ad alte dosi con il trapianto (o meglio il supporto) di cellule staminali autologhe, generalmente periferiche come descritto nella scheda "Linfoma di Hodgkin". In caso di fallimento anche di questa procedura, viene preso in considerazione il trapianto allogenico di cellule staminali, da fratello/sorella compatibile oppure da donatore volontario.

 

Radioimmunoterapia

Si tratta di farmaci che combinano un anticorpo monoclonale specifico per il linfoma (di derivazione B linfocitaria) con isotopi radioattivi. Questi composti si legano alle cellule tumorali, tramite l’anticorpo che le riconosce, e successivamente le distruggono attraverso la componente radioattiva.

La radioimmunoterapia è generalmente ben tollerata, e gli effetti collaterali sono molto rari, tanto che in alcuni casi viene proposta a pazienti che non possono ricevere terapie aggressive, purché siano monitorati regolarmente per i valori dell’emocromo. In Italia è disponibile un solo tipo di radioimmunoconiugati (ibritumomab tiuxetano: combinazione di anticorpo anti-CD20 rituximab con ittrio90), la cui somministrazione è approvata per i linfomi indolenti follicolari in recidiva oppure in prima linea come consolidamento dopo chemioterapia.

Melanoma

Melanoma localizzato

Il melanoma localizzato solo alla pelle viene trattato con la rimozione chirurgica del tumore con un “margine di sicurezza” di cute sana attorno alla lesione, per assicurare che tutte le cellule tumorali siano state rimosse. L’entità del “margine di sicurezza” dipende dallo spessore del tumore e dalla sua localizzazione. In alcuni casi può essere necessario abbinare un intervento di chirurgia plastica con la creazione di un lembo cutaneo o il trapianto di pelle da altre parti del corpo, per ricostituire la continuità cutanea nella sede dove è avvenuta l’asportazione del melanoma.

Il melanoma può dare metastasi. In caso di melanomi cutanei con un’infiltrazione profonda superiore al millimetro, oppure ulcerati o con un numero di mitosi >1, viene effettuata la biopsia del linfonodo sentinella, per individuare precocemente la presenza di cellule tumorali nel/i linfonodo/i che drenano la zona dove è cresciuto il tumore. Nel corso di questa procedura, un isotopo radioattivo viene iniettato vicino alla sede del melanoma che, attraverso le vie linfatiche, raggiunge il linfonodo “sentinella” (il primo in cui le cellule tumorali possono diffondersi). Localizzato mediante una specifica sonda che rileva la presenza delle radiazioni, il linfonodo sentinella viene rimosso ed analizzato dal punto di vista istologico allo scopo di individuare la presenza di cellule metastatiche. In caso vengano trovate cellule tumorali nel linfonodo sentinella, verranno poi asportati tutti i linfonodi di quella regione.

La conoscenza dello stato del linfonodo sentinella è importante anche per valutare il rischio di recidiva.

Melanoma metastatico

Il trattamento del melanoma in fase avanzata o metastatica, ossia diffuso ai linfonodi vicini, alla pelle o ad altri organi a distanza, può prevedere la combinazione di chirurgia, chemioterapia, immunoterapia e/o radioterapia, anche nell’ambito di programmi di ricerca clinica.

Tumore del surrene

Chirurgia laparoscopica e retroperitoneoscopica

La chirurgia mininvasiva laparoscopica e soprattutto retroperitoneoscopica ha rivoluzionato l’approccio ai tumori del surrene che altrimenti richiedevano in passato chirurgie invasive. Oggigiorno l’accesso posteriore extraperitoneale consente di rimuovere tumori benigni iperfunzionanti o maligni, o metastatici con minima invasività.

Tumore del Rene

In Humanitas l’approccio al trattamento del tumore del rene è di tipo multidisciplinare e può prevedere opzioni terapeutiche differenti.

Chirurgia

La chirurgia è il trattamento principale per il cancro del rene. I chirurghi di Humanitas sono esperti in tutte le forme di chirurgia del cancro del rene, con particolare riferimento alla chirurgia mini-invasiva laparoscopica. Le opzioni chirurgiche per il cancro del rene comprendono:
 

  • nefrectomia parziale: il paziente affetto da tumore del rene scoperto in una fase precoce può beneficiare della chirurgia conservativa renale che consente di conservare parte della funzione renale asportando esclusivamente la massa tumorale.
  • nefrectomia radicale: i casi di tumore renale avanzato possono richiedere l’asportazione chirurgica completa del rene malato e della ghiandola surrenale adiacente e i linfonodi loco-regionali.
  • tecniche chirurgiche mini-invasive: i chirurghi di Humanitas hanno una vasta esperienza negli approcci chirurgici per via laparoscopica (compresa l’ablazione laparoscopica) e robotica.

Terapia medica

Negli ultimi anni sono stati sviluppati una serie di farmaci biologici in grado di inibire recettori molecolari responsabili della proliferazione neoplastica, migliorando significativamente la prognosi di questa malattia. Tali farmaci hanno la capacità di colpire in modo selettivo le cellule tumorali preservando quelle sane, riducendo così la tossicità per il paziente. Inoltre, molti di essi hanno il vantaggio di essere somministrati per via orale.

Trattamento del carcinoma renale metastatico

Nei casi in cui il cancro sia diffuso ad altri organi, l’équipe medica elabora un piano terapeutico specifico. Le opzioni terapeutiche prevedono il trattamento chirurgico, la radioterapia, la terapia medica con farmaci biologici mirati a bloccare la crescita tumorale.

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