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Tumore del fegato

Chirurgia

La chirurgia del fegato viene eseguita con metodica ecoguidata: attraverso l’utilizzo dell’ecografia in sala operatoria, il chirurgo è in grado di identificare con precisione la sede della malattia all’interno del fegato e può dunque eseguire interventi radicali ma conservativi, risparmiando il più possibile il tessuto epatico (parenchima) sano (figura).

Chemioterapia sistemica

Include trattamenti sia per ridurre e controllare la malattia al fegato prima di un intervento chirurgico sia per limitare le recidive dopo l’intervento.
Atraverso l’utilizzo dei nuovi farmaci biologici è anche possibile personalizzare la terapia per ottimizzarne i risultati.

Terapia Intrarteriosa Epatica

La chemioembolizzazione e l’embolizzazione arteriosa del fegato consentono terapie locoregionali in pazienti non suscettibili di altri trattamenti.
Con queste metodiche è anche possibile somministrare alcuni farmaci al fine di ottenere un controllo locale della malattia.

Terapie ablative percutanee

Le terapie ablative percutanee, tra cui la radiofrequenza, consistono in una puntura ecoguidata del tumore del fegato con aghi dedicati, poi collegati a fonti di energia che distruggono le cellule tumorali.

Radioterapia

La radioterapia e radiochirurgia permette di irradiare la parte malata del fegato con sofisticati acceleratori lineari che distruggono il tumore preservando però i tessuti sani circostanti. Viene effettuata in pazienti selezionati.

Metastasi Epatiche

Chirurgia

La resezione chirurgica del fegato interessato dalle metastasi si è dimostrata nel tempo la forma di terapia che ottiene i migliori risultati, in quanto la sopravvivenza a cinque anni, nelle maggiori casistiche, varia tra il 40 ed il 60%.
E’ quindi una chirurgia che, se messa in atto da mani esperte, può conseguire ottimi risultati, che però dipendono in parte anche dall’estensione della malattia e da altre caratteristiche quali sede e numero delle metastasi, entità dell’interessamento epatico, precocità della comparsa.

Chirurgia ecoguidata

L'obiettivo è aumentare la possibilità di intervenire sulle metastasi epatiche limitando al massimo la quantità di tessuto sano da asportare. La guida ecografica in tutte le sue fasi permette di sviluppare nuovi tipi di interventi, caratterizzati dalla rimozione di parti di fegato più piccole, prima giudicate non asportabili se non insieme a porzioni più grandi dell’organo stesso, pena la funzionalità non ottimale dell’organo residuo. Il team chirurgico di Humanitas ha, peraltro, sviluppato tecniche che consentono non solo di limitare la quantità di fegato sano funzionante sacrificato ma anche di farlo in modo anatomico, raggiungendo cioè l’ideale compromesso tra radicalità oncologica e conservazione della parte non neoplastica. La massima conservatività legata all’uso dell’ecografia come vero e proprio strumento di navigazione intraepatica, ha permesso ai chirurghi di Humanitas Cancer Center di trattare con successo anche pazienti con un numero di metastasi elevato, offrendo loro possibilità di cura altrimenti non percorribili.

Resezioni epatiche ripetute

Il fegato ha la proprietà di rigenerare autonomamente le parti che ne vengono asportate. Se compaiono ulteriori metastasi si possono quindi eseguire resezioni ripetute nel tempo, seguendo i criteri adottati per le resezioni primarie. Inoltre, il risparmio di tessuto sano, possiible grazie alle tecniche di guida ecografica, permette di mantenere inalterate le soluzioni tecniche disponibili all’atto del primo intervento anche per le eventuali successive operazioni.

Nei casi in cui esistano fattori prognostici negativi, a causa dei quali il risultato della resezione chirurgica è più dubbio, è ormai consolidata l’indicazione ad effettuare contemporaneamente altre terapie (chemioterapia, termoablazione, embolizzazione, radioterapia stereotassica).

Chemioterapia

  • Chemioterapia neoadiuvante: Consiste nella somministrazione di più farmaci, con l’intento di ridurre le dimensioni ed il numero delle metastasi, sino a poterle ricondurre alla chirurgia.
    Oltre a rendere tecnicamente fattibili interventi chirurgici che senza il suo apporto preventivo sarebbero di difficile o impossibile esecuzione, la risposta al trattamento rappresenta un elemento importante per valutare la prognosi.
  • Chemioterapia adiuvante: Dopo l’intervento chirurgico di resezione delle metastasi epatiche, può essere somministrato un trattamento chemioterapico allo scopo di ridurre il rischio di recidiva della malattia.
  • Chemioterapia sistemica: Nelle situazioni in cui la chemioterapia non ha la finalità di portare ad operabilità le metastasi (neoadiuvante), oppure non viene ottenuto lo scopo riduttivo di cui si è parlato prima, il trattamento sistemico può comunque consentire un controllo della malattia grazie alla vasta gamma di farmaci disponibili, tra i quali i nuovi farmaci biologici.

Termoablazione

Viene utilizzata nelle situazioni in cui la resezione di una o più metastasi possa essere di difficile applicazione, per via di condizioni locali o generali. Può essere attuata sotto la guida di una ecografia, introducendo la sonda attraverso la cute; può anche essere utilizzata durante l’intervento di resezione chirurgica, per completare l’eliminazione di tutte le metastasi.

Embolizzazione

In alcuni casi selezionati è possibile procedere, in associazione con altre metodiche terapeutiche, a terapie trans-catetere, eseguite cioè con metodica angiografica, attraverso un sottile cateterino, portato nell’arteria epatica e nei suoi rami più periferici attraverso puntura dell’arteria femorale. In questo modo le sostanze che hanno lo scopo di bloccare l’apporto di sangue vengono iniettate nei rami arteriosi che nutrono la metastasi, cercando di determinare la necrosi del nodulo. 
In presenza di metastasi da tipi particolari di tumori (detti neuroendocrini) la procedura di embolizzazione (TAE) può costituire un’opzione terapeutica particolarmente importante.

Radioterapia

In Humanitas, i pazienti in cui non sono indicati l'intervento chirurgico o altri trattamenti locali a scopo ablativo, sono candidabili ad una specifica ed innovativa metodica, la radioterapia sterotassica (SBRT), che permette di somministrare al tumore alte dosi di radiazioni, in poche sedute di trattamento, con risparmio degli organi sani vicini. La terapia non è invasiva e non richiede anestesia; generalmente viene eseguita in regime ambulatoriale e non provoca dolore.

Tumore della tiroide

Quali sono i trattamenti per il carcinoma della tiroide?

Esistono vari tipi di trattamenti, che si possono dividere in chirurgici e non chirurgici.

Trattamenti chirurgici

In tutti i casi di carcinoma della tiroide, la chirurgia rappresenta la prima opzione terapeutica. Generalmente, in presenza di un tumore della tiroide viene eseguita di routine la tiroidectomia totale. La linfadenectomia del compartimento centrale è sempre eseguita in presenza di una carcinoma midollare, mentre in presenza di un carcinoma differenziato (follicolare o papillare) è eseguita solo se intraoperatoriamente si evidenziano linfonodi sospetti per metastasi o di dimensioni aumentate.

Particolare attenzione viene dedicata anche al risultato estetico, grazie all’utilizzo di suture intradermiche con materiale riassorbibile e alla raccomandazione di massaggi postoperatori della ferita con creme dedicate per ridurre l’incidenza di cicatrici ipertrofiche.

Trattamenti non chirurgici

Dopo l’intervento di tiroidectomia è generalmente indicata l’ablazione del residuo tiroideo mediante iodio-131. Lo scopo della Terapia Radiometabolica con iodio 131 è distruggere il tessuto tiroideo normale che quasi sempre residua anche dopo una tiroidectomia totale ed eliminare eventuali microfocolai neoplastici presenti all’interno dei residui tiroidei o in altre sedi. Un secondo obiettivo di questa terapia è rendere più efficace il follow-up mediante il dosaggio della tireoglobulina sierica e l’eventuale esecuzione della scintigrafia total-body con iodio 131. La terapia radiometabolica può essere eseguita solamente in strutture autorizzate all’impiego terapeutico dello iodio 131 e deve essere eseguita in regime di “ricovero protetto”, in particolari stanze dedicate alla Medicina Nucleare.

La terapia radiante e la chemioterapia sono infine indicate nel caso di tumori altamente aggressivi e inoperabili o in quelli caratterizzati da de-differenziazione.

Cosa succede dopo la fine delle terapie?

Il follow up è differenziato a seconda del tipo di carcinoma della tirodie che è stato trattato.

Carcinoma differenziato della tiroide: i pazienti, trattati con ormone tiroideo (L-Tiroxina) ad un dosaggio tale da mantenere ridotti livelli di TSH, vengono periodicamente sottoposti ad ecografia del collo e alla determinazione dei livelli circolanti di TSH, FT4, FT3, anticorpi anti tireoglobulina e tireoglobulina (che costituisce un buon marker di malattia nel paziente tiroidectomizzato). In casi selezionati anche può essere indicato valutare la risposta della tireoglobulina dopo stimolo con TSH ricombinante umano o procedere ad una Scintigrafia totale corporea con I131.

Carcinoma midollare della tiroide: dopo l’intervento i pazienti effettuano una terapia con ormone tiroideo (L-Tiroxina) al fine di ovviare all’ipotiroidismo conseguente alla rimozione della tiroide, e vengono periodicamente rivalutati previo dosaggio di TSH, FT4, FT3 e calcitonina.

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