Quali sono i principali trattamenti per la Leucemia mieloide cronica?
Nella seconda metà degli anni ‘90 sono stati sviluppati alcuni trattamenti innovativi per la leucemia mieloide cronica, che si sono rivelati una vera e propria rivoluzione nella terapia della LMC.
Pazienti in fase cronica
Il trattamento dei pazienti con LMC in fase cronica in quasi tutti i casi determina un ritorno della conta di globuli bianchi e piastrine e delle dimensioni della milza alla normalità. Nei primi 2-3 mesi di terapia i controlli dell’emocromo e degli esami di funzionalità d’organo sono a cadenza almeno bi-settimanale, per poi diluirsi nel tempo ed arrivare ad essere bi-trimestrali.
L’aspirato midollare viene eseguito, oltre che alla diagnosi, a 3 mesi, 6 mesi ed 1 anno dall’inzio della terapia. Successivamente viene effettuato una volta all’anno o su indicazione clinica in caso di risposta clinica non soddisfacente. Ad oggi, tutti i pazienti con diagnosi di LMC in fase cronica vengono trattati in prima linea con Imatinib, il primo farmaco della classe di “inibitori della tirosin-chinasi BCR-ABL” sperimentato con grande successo. A più di 10 anni dalla prima sperimentazione, questo farmaco si è rivelato in grado di controllare la malattia in più dell’80% dei pazienti a 10 anni di distanza e di ottenere una risposta clinica ideale in più del 60% dei casi.
La terapia con Imatinib è ben tollerata anche in pazienti anziani e solo in pochi casi è necessario interrompere la terapia per intolleranza o effetti collaterali. Recentemente sono stati sperimentati altri inibitori di TK (i più importanti sono Nilotinib, Dasatinib e Bosutinib) che si sono dimostrati efficaci anche in coloro che perdevano la risposta a Imatinib. Studiclinici stanno anche paragonando questi nuovi inibitori con Imatinib per stabilire se e in quali pazienti possano sostituirlo come prima linea di terapia A questo proposito è imminente l’indicazione a terapia di prima linea per Nilotinib.
Le terapie precedentemente utilizzate nella cura della LMC (Interferone, Idrossiurea, Busulfano, Aracitina, Omoarringtonina) trovano indicazione solo sporadicamente in pazienti che non rispondono ai nuovi farmaci o in protocolli di ricerca clinica.
Pazienti in fase accelerata/blastica
Pazienti che esordiscono o evolvono in FA o CB hanno una risposta solo transitoria agli inibitori delle TK. Coloro che raggiungono almeno una risposta ematologica devono essere avviati al trapianto allogenico quando praticabile. La chemioterapia può essere una possibile alternativa in alcuni pazienti che non rispondono agli inibitori delle TK o che esordiscono in FA o CB ma la risposta, quando ottenuta, resta solitamente di breve durata.
Risposta al trattamento
Nella cura della LMC è di cruciale importanza definire la risposta al trattamento. I pazienti che hanno un controllo ottimale della malattia nel tempo sono coloro che raggiungono la migliore risposta agli inibitori delle TK. Il grado della risposta influenza anche significativamente le decisioni terapeutiche.
La risposta al trattamento può essere ematologica, citogenetica o molecolare.
I pazienti che ottengono una risposta ematologica completa hanno una normalizzazione dei valori dell’emocromo che denota una sensibile riduzione delle cellule leucemiche circolanti.
I pazienti che ottengono una risposta citogenetica completa hanno una scomparsa delle cellule leucemiche con l’anomalia cromosomica Ph+ e una bassa probabilità di ricaduta della malattia.
I pazienti che ottengono una risposta molecolare completa hanno una completa scomparsa del trascritto BCR-ABL con l’analisi molecolare su campione di midollo osseo o sangue periferico: questa è la miglior risposta possibile e coloro che la ottengono hanno una minima probabilità di ricaduta della malattia.
Trapianto di midollo osseo
I pazienti che non rispondono o perdono la risposta agli inibitori delle TK possono essere candidati al trapianto allogenico di midollo osseo in base alla loro età e alle condizioni cliniche. Il trapianto allogenico si compone di una prima fase preparatoria (terapia di condizionamento) che si avvale di chemioterapia e/o radioterapia per eliminare parte delle cellule leucemiche, e di una seconda fase in cui vengono reinfuse le cellule staminali ematopoietiche prelevate da un donatore sano. Tramite questa procedura il midollo osseo del paziente viene sostituito con uno nuovo che si origina dalle cellule del donatore.
Il trapianto di cellule staminali allogeniche può considerarsi una forma vera e propria di immunoterapia, dato che cellule del sistema immune del donatore sono capaci di riconoscere ed eliminare le cellule leucemiche del paziente che residuano dopo la terapia di condizionamento.
Il trapianto allogenico è tuttavia una procedura complessa che può essere complicata da infezioni o da una reazione immunitaria delle cellule del donatore contro il soggetto ricevente (malattia trapianto-contro-l’ospite, nota come GvHD dall’inglese Graft-vs-Host Disease).
Prima della scoperta degli inibitori delle TK, il trapianto allogenico costituiva la principale modalità di cura per i pazienti con LMC di età inferiore a 50-55 anni.