Quando un familiare si ammala, il dolore viene condiviso da tutta la famiglia, “àncora” cui aggrapparsi per affrontare la malattia, uniti.

Un impatto doloroso e traumatico colpisce la famiglia quando ad un proprio caro viene diagnosticato un tumore. La malattia oncologica, infatti, più di altre patologie, può determinare conseguenze psicologiche sia nel malato che nei familiari, coinvolti, all’improvviso, ad affrontare l’emotività e, al tempo stesso, trovare soluzioni ad ostacoli organizzativi e burocratici. “Ammalarsi” è un’esperienza complessa ed implica cambiamenti significativi nella vita del paziente e della propria famiglia, costretti ad fronteggiare difficoltà mai vissute prima che possono ripercuotersi nei confronti della stessa talvolta con forti crisi. La famiglia deve riadattarsi, trovare un nuovo equilibrio dinnanzi al mutamento del “tempo”, concetto che subisce inevitabilmente una trasformazione: il paziente ha una proiezione di sé limitata al tempo presente da cui deriva l’impossibilità di guardare ottimisti il futuro facendo progetti a lungo termine e ritrovandosi a vivere, avvolti da una sensazione di paura, in balìa dell’attesa col solo conforto della speranza che qualcosa possa cambiare.

Ecco quanto è importante la presenza di familiari alleati: la solidarietà, l’incoraggiamento a essere forti e combattivi, la comprensione del dolore, la valorizzazione della persona e delle sue capacità di far fronte alle cure sono indispensabili nel lungo percorso della malattia. Tra visite e terapie, è importante che la famiglia spinga il paziente verso professionisti preparati a lenire la sofferenza, offrendo il supporto psicologico. “Promuoviamo – spiega la dott.ssa Sarina Patti psichiatra e Responsabile del Servizio di psiconcologia di Humanitas Centro Catanese di Oncologia – incontri sia per il malato che per i familiari con psicologi presenti in ogni reparto oncologico. La terapia – continua – deve essere un sostegno al paziente fino alla diagnosi definitiva poiché la paura delle ricadute è sempre presente tra i pensieri negativi del paziente”.

Presso la nostra struttura, il Servizio di psiconcologia, composto da due psicologhe, offre la consulenza a sostegno dei pazienti per permettere loro di trovare la modalità più idonea a colmare il senso di vuoto generato dalla malattia, gestire la rabbia ed eventuali patologie dell’umore. Psicoterapeuta e psicologo giocano un ruolo fondamentale entrando a far parte della “famiglia” del paziente; ogni figura è un pilastro insostituibile e prezioso. Molti sono i casi, ancora oggi, in cui di fronte alla malattia il compagno di vita fugga spaventato, lasciando in uno stato di abbandono chi versa già in uno stato di sofferenza. Per questa ragione, si chiede un impegno maggiore a chi vive passivamente il cancro e, dei due sessi, le donne riescono meglio in questo; raramente, infatti, questa prende le distanze dal compagno sofferente, cercando, viceversa, di proteggere e dare vivacità al rapporto di coppia. 

“È importante – dichiara la dott. ssa Patti – uscire insieme se le condizioni di salute lo permettono, guardare un film o leggere un buon libro. Non dimentichiamo poi lo speciale  ruolo che rivestono i figli, “motivatori” della sfera sentimentale ed efficace supporto nella gestione dei problemi quotidiani”.

È risaputo, infine, che vivere l’esperienza del tumore porti alla chiusura del malato rispetto al contesto di riferimento entro cui era abituato a vivere; la terapia psicologica è un alleato compagno di quanti si trovano a combattere un impari lotta, perché mira a promuoverne l’adattamento psicologico e, quindi, l’<integrità>.  Lo scopo del trattamento è, quindi, insegnare le tecniche per gestire le emozioni negative, rilassarsi ed anche le strategie comportamentali efficaci.