Quando si parla di pazienti e di patologie oncologiche, ci si sofferma generalmente sulle problematiche inerenti la prevenzione, la diagnosi, la terapia. In realtà, una volta affrontate le terapie chirurgiche, la chemioterapia o la radioterapia, per il paziente inizia un periodo altrettanto difficile, un periodo nel quale deve fronteggiare una serie di problematiche correlate al ritorno alla vita quotidiana. La riabilitazione oncologica, come fase successiva alle terapie oncologiche, ha lo scopo di ottimizzare la qualità della vita del paziente nel corso o a seguito della malattia, aiutandolo a “ritornare a vivere”, a riacquisire gradualmente gli standard di vita simili a quelli precedenti l’insorgenza della malattia. L’obiettivo della riabilitazione oncologica è limitare al minimo la disabilità fisica, il deficit funzionale, le complicanze post-operatorie – come ad esempio, il linfedema – che possono manifestarsi nel corso o a seguito del tumore e delle terapie ad esso correlate.

Cos’è il linfedema?

Tra le conseguenze di una patologia da tenere attentamente sotto controllo c’è il linfedema, un edema a “basso flusso” a insorgenza meccanica che si manifesta con l’aumento del diametro dell’arto superiore dal lato ove vi è stata una linfectomia con mastectomia, ovvero una interruzione chirurgica delle vie linfatiche a livello ascellare. La prevenzione è dunque utile per impedirne l’insorgenza, il trattamento è importante per attenuarne gli effetti una volta insorto e la sorveglianza fondamentale per ridurne le conseguenze.

“In seguito all’intervento sulla mammella per carcinoma – spiega la dott.ssa Daniela Caramma, Responsabile del Servizio di Fisiatria di Humanitas Centro Catanese di Oncologia – viene quasi sempre eseguita una linfectomia ascellare a scopo di radicalità locale e di stadiazione della malattia: questa ultima manovra, con l’ablazione dei linfonodi e con l’interruzione dei vasi, costituisce un fattore predisponente alla stasi di linfa nella zona. Altri fattori possono comunque essere responsabili: radioterapia, progressione ascellare o sopraclaveare del carcinoma. In questi casi – continua – il linfedema può non presentarsi o essere latente, ma può invece precipitare in seguito al sommarsi di tutti questi fattori o a causa dell’aumento di produzione di linfa dovuto a esercizio fisico eccessivo, stasi provocata (compressioni), ipertermia, flogosi”.

I diversi approcci terapeutici

Possiamo identificare all’interno di quella che internazionalmente viene definita CPT (Combined Physical Therapy -Terapia Fisica Combinata) almeno 4 diversi approcci terapeutici che riconoscono nelle manovre compressive il loro principale elemento curativo: linfodrenaggio manuale; linfodrenaggio meccanico; bendaggio elastocompressivo; tutori elasto-compressivi (calze e bracciali): “Sono tutte manovre – spiega la dott.ssa Caramma – che tendono a stimolare le vie linfatiche attraverso esercizi di compressione, sia manuale che attraverso l’ausilio di bendaggi e macchinari meccanici, con lo scopo di far assorbire l’edema. Si può anche associare, a seconda dei casi, esercizi di ginnastica isotonica da eseguire durante la giornata.

A queste terapie fisiche può essere abbinata la terapia farmacologica, che coadiuva e migliora i risultati delle altre metodiche di trattamento: “Sono stati individuati – spiega la dott.ssa Caramma – dei farmaci capaci di agire sul circolo linfatico, su quello venoso e sull’unità microcircolatoria-interstiziale. L’impiego di tali principi terapeutici deve avere come finalità la rimozione della quota idrica e di quella proteica stagnante nei tessuti interstiziali, la prevenzione dell’evoluzione fibrosclerotica del linfedema, la prevenzione e il trattamento delle complicanze infettive”.

Quali sono le diverse stadiazioni e sintomi del linfedema? 

Attualmente  l’International Society of Lymphology distingue 4 stadi:

  • Stadio I: edema a componente fluida facilmente regredibile con i trattamenti fisici
  • Stadio II: presenza di tessuto fibroso con aumento di consistenza, regredisce parzialmente ai trattamenti
  • Stadio III: elefantiasi con deformazione dell’arto e scomparsa delle naturali salienze ossee e tendinee
  • Stadio IV: all’elefantiasi si sovrappongono le complicanze micotiche, ulcerative, distrofiche, fino alla degenerazione in senso linfosarcomatoso

La diagnosi di linfedema post-mastectomia è clinica e strumentale.

Gli aspetti clinici più facilmente individuabili sono:

  • Progressione dell’edema
  • Pallore cutaneo, determinato dalla rarefazione capillare arteriolare per unità volumetrica e rossore in caso di linfangite
  • Temperatura cutanea diminuita aumentata in caso di flogosi
  • Consistenza tissutale aumentata
  • Limitazione funzionale dell’arto superiore interessato con riduzione della capacità di movimento
  • Alterazioni posturali: la spalla sana può apparire più alta della spalla operata